Ammontano a poco meno di 40 miliardi, 39,5 per la precisone, le tasse sugli immobili che lo Stato e i Comuni hanno raccolto l’anno scorso da fabbricati e terreni. Una cifra che segna un aumento del 2% sul 2017. E che sembra destinato ad aumentare anche quest’anno dopo il via libera ai rincari dei tributi locali deciso con l’ultima legge di Bilancio.
È quanto mettono in evidenza i dati pubblicati oggi da Sole 24 Ore, partendo dai dati ufficiali disponibili dei tre tipi di prelievo: patrimoniale (Imu e Tasi), reddituale (cedolare secca sugli affitti abitativi, Irpef, Ires e registro e bollo sulle locazioni) e sui trasferimenti (Iva, registro, ipocatastali e imposte di successione e donazione).
“E il conto arriverebbe a 50 miliardi con la tassa sui rifiuti, che si è scelto qui di non considerare per la sua natura di corrispettivo di un servizio, ma che indubbiamente grava su proprietari e inquilini” si legge nell’articolo in cui si spiega” “Anche dopo l’abolizione della tassa sulla prima casa, più di metà del gettito totale – 20,2 miliardi nel 2018 – arriva da Imu e Tasi.
Due tributi che negli ultimi anni sono stati il vero pilastro della fiscalità immobiliare, garantendo all’Erario e ai Comuni un gettito costante, a dispetto della durissima crisi che ha colpito il settore. Tuttora applicate su rendite che fotografano il mercato immobiliare del 1988-89, Imu e Tasi non sono state sfiorate dal calo dei prezzi delle case (-23% in media secondo l’Istat rispetto al 2011, ultimo anno con l’Ici, con punte del 40-50% in zone periferiche e in provincia).
fonte: Il Sole 24 Ore