NEW YORK (WSI) – La nomina di Nicola Mancino a ministro degli interni, nel giugno del 1992, non rappresentò discontinuità rispetto al precedente governo nella lotta alla criminalità organizzata e in particolare a Cosa Nostra. E’ quanto in sintesi affermato tra i tanti “non ricordo” l’ex presidente del consiglio, Giuliano Amato, sentito dalla Corte d’assise di Palermo in trasferta a Roma nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia.
Il punto attorno al quale il pm ha insistito per oltre due ore, scontrandosi con “le amnesie” di Amato, riguardava proprio la scelta di non mantenere nel governo di Amato, che seguì quello guidato da Giulio Andreotti, il democristiano Enzo Scotti all’Interno. Giuliano Amato si e’ avvalso spesso della facoltà di non ricordare.
Amato, che a un certo punto si e’ scusato con la Corte (“mi dispiace se sto facendo la parte dello smemorato di Collegno”) per i ricordi poco nitidi di quegli anni, ha precisato che il suo governo aveva “l’esigenza di continuare l’azione di contrasto alla mafia portata avanti da chi lo aveva preceduto”, anche se il pensiero principale era “legato al contenimento del disavanzo pubblico che portava l’Italia a una crescente difficolta’ di collocare i titoli pubblici. Bisognava trovare al piu’ presto 30mila miliardi di lire”.
“Salii al Quirinale il 28 giugno di quell’anno – ha spiegato l’attuale giudice della Corte Costituzionale – con una lista ben precisa di chi avrebbe dovuto fare il ministro. Durante le consultazioni, mi confrontai con l’allora segretario Dc Forlani, al quale feci presente l’opportunita’ di non scegliere nomi di soggetti colpiti da provvedimenti giudiziari legati a Mani Pulite o potenzialmente ‘colpibili’. Scalfaro, con il quale c’era un rapporto di simpatia, condivise totalmente le mie scelte. E cosi’ Mancino ando’ all’Interno, era un nome che mi tranquillizzava, era una persona solida. Martelli rimase alla Giustizia mentre Scotti fini’ agli Esteri: con lui avevo un rapporto di amicizia tale che se avesse avuto dubbi personali sul fatto che avrebbe preferito rimanere agli Interni me li avrebbe comunicati”.
Amato ha quindi aggiunto di non aver mai saputo che Scotti intendeva dimettersi immediatamente dal nuovo incarico: “Anzi, ci mettemmo al lavoro perche’ dovevamo andare a Monaco per il G7. In verita’ – ha spiegato l’ex premier – Scotti era alle prese con un problema di incompatibilita’, sollevato dalla Direzione Dc, tra il ruolo ministeriale e il mandato parlamentare. E quando decise di dimettersi da ministro a fine luglio, confesso che fui preso alla sprovvista”.