Società

Stiglitz: “persi di vista problemi a lungo termine”, rischio di nuove crisi peggiori

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NEW YORK (WSI) – Ha inaugurato l’anno sostenendo che i maggiori rischi per l’economia globale provenivano dagli Stati Uniti, ma soprattutto dall’Europa. Oggi l’economista e premio Nobel, Joseph Eugene Stiglitz, si spinge oltre: suggerisce di abbracciare una visione di lungo termine. “E’ facile ignorare i problemi che ci ritroveremo più avanti: anche se ci concentriamo sulle difficoltà immediate, i pericoli che si affacciano nel prossimo futuro sono molto più rischiosi”, avverte, specificando che quello più grave si chiama surriscaldamento globale.

Stiglitz ricorda che come accaduto nella storia passata, ai tempi della Grande Depressione, quando il mondo si trasformò da economia rurale a urbana, anche oggi si sperimenta e saranno necessari cambiamenti strutturali per stare al passo del progresso tecnologico. “E’ necessario che le imprese producano servizi globalizzati e che i mercati non siano in preda solo alle speculazioni”.

Prima dell’avvento della crisi, nel 2008, erano grandi gli squilibri globali. La maggior parte degli economisti ha riconosciuto che la necessità di ridurre il gap fra i surplus di Paesi come Germania e Cina con il resto del mondo è oggi più di un imperativo per superare lo stallo della crisi del debito in Europa.

Per Stiglitz il punto è uno solo: “Un sistema economico e politico che crea forti diseguaglianze non è sostenibile nel lungo periodo in quanto alla fine eroderà la fede nella democrazia e nell’economia di mercato; la legittimità delle istituzioni verrà messa in discussione”.

E se ci chiediamo a che punto siamo, lui risponde dicendo che siamo sulla strada giusta. “Il divario tra i paesi emergenti e avanzati si è ridotto notevolmente. Il cammino tracciato dai falchi del deficit e gli avvocati dell’austerità ha indebolito l’economia e compromesso le prospettive future. Ironia della sorte la debolezza nei consumi suggerisce che esiste un’altra alternativa: investire nel nostro futuro, in modo che possiamo affrontare contemporaneamente i problemi del riscaldamento globale, la disuguaglianza e la povertà globale, è la chiave”.