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Stipendi, più del 43% dei giovani è sotto i 1000 euro

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Se lo stipendio medio nazionale è attorno ai 2.000 euro lordi al mese, purtroppo solo un quarto dei giovani oggi in Italia può godere di un salario simile. Stando all’ultimo report del Consiglio Nazionale dei Giovani, gli stipendi dei giovani sono decisamente più bassi rispetto a quelli europei, e addirittura dei lavoratori più anziani. E questo nonostante l’interesse anche di chi è giù occupato “a nuove opportunità”, come evidenziato da un sondaggio di CleverConnect, in collaborazione con YouGov.

A complicare ulteriormente la situazione è anche la maniera in cui vengono pubblicati gli annunci di lavoro, a volte non molto trasparenti quando si parla di retribuzione e di carico lavorativo. Anche per questi motivi, sono in molti a rifiutare le proposte di lavoro. Eppure ci troviamo in un momento storico dove a breve il segreto salariale verrà abolito, permettendo a chiunque di sapere se il lavoro del proprio collega sia pari al proprio, e per quali motivi.

Gli stipendi dei giovani sono sempre più bassi

Sulla situazione odierna dei giovani salariati italiani, stando a quanto riportato dai dati del “Consiglio Nazionale dei Giovani“, in pratica 4 giovani su 10 percepiscono meno di 1000 euro al mese. Più precisamente:

“[…] si rileva infatti che la quota relativamente maggioritaria dei giovani intervistati (43,2%) si colloca nella fascia più “povera”, percependo una retribuzione mensile inferiore a mille euro. […] Circa un terzo dei giovani (32,7%) si colloca nella fascia superiore, percependo una retribuzione compresa tra 1.000 e 1.500 euro.” (cit. pag. 81)

Ci teniamo a precisare che, secondo quanto riportato dal Report Annuale 2023 dell’ISTAT, lo stipendio medio nazionale per il 2022 è stimato attorno ai 27.000 euro annui. Questa soglia sembra sia possibile solo per il 24% degli intervistati – che avrebbe ben 1.500 euro netti, seppur “rimanendo sotto la soglia dei 2.000 euro“, ovvero quella che permetterebbe di andare incontro alle spese necessarie per mantenere una famiglia oggi, secondo le stime dell’ISTAT.

Risulta anche un evidente gap tra gli stipendi dei giovani e quelli dei più anziani. Come riportato dalla Dichiarazione dei Redditi 2020 del MEF, la Retribuzione Annua Lorda (RAL) è:

  • tra i 25-34 anni, di 25.818 euro,
  • tra i 35-44 anni, di 28.967 euro,
  • tra i 45-54 anni, di 31.252 euro.

Soltanto chi è laureato potrebbe godere di una RAL migliore, passando dai 27.662 euro lordi del non laureato fino ai 39.787 euro annui del laureato, addirittura a 47.000 se detiene un master di II livello. Sempre se il contratto di lavoro lo permette. Altro dilemma per i giovani è avere uno stipendio non stabile. Come riportato nell’analisi del Consiglio Nazionale dei Giovani, secondo i dati dell’INPS, tra i lavoratori under 35 “l’incidenza dei contratti a tempo determinato è più che doppia rispetto a quella dei lavoratori più maturi, rispettivamente al 23,5% e al 10,7% (dati al 2020)“. Addirittura nel 2020, il 33% dei lavoratori under 35 aveva un contratto part-time, contro il 25% dei lavoratori delle fasce più “anziane”.

Negli avvisi di lavoro gli stipendi non sono trasparenti

Forse proprio per questa bassa retribuzione, sono sempre di più i giovani che vogliono cercare “nuove opportunità”, come evidenziato nel Talent Acquisition Report, realizzato da CleverConnect in collaborazione con YouGov. Non un altro lavoro o proposte: secondo il sondaggio, “[…] il 45% dei potenziali candidati è occupato, […] ma è aperto a nuove opportunità e può essere “attivato” se coinvolto con una strategia di recruiting personalizzata sulle sue caratteristiche e aspettative.“. E anche se la retribuzione è trasparente. Problema nella selezione è il fatto che molti avvisi di lavoro nascondano o non rendano perfettamente noti dati come la retribuzione o il carico lavorativo.

Sempre il report del Consiglio Nazionale dei Giovani segnala come “[…] soltanto il 32% degli annunci censiti riporta le informazioni sulla retribuzione “prevista” (80 su 250), mentre in oltre i due terzi tali informazioni sono assenti.“. Addirittura, per quanto riguarda la ricerca di tecnici/informatici, soltanto l’11,1% degli annunci indica la possibile remunerazione. Nei casi in cui c’è evidenza di questo dato, lo scarto tra il valore minimo e il valore massimo appare sproporzionato: da annunci risibili di 250 euro al mese a “sospetti” come 5.000 euro al mese.

Scarto che mette ancora una volta in evidenza il gap regionale degli stipendi, con annunci di retribuzione (quando sono trasparenti) che vanno dai 1.423 euro lordi nel Nord, ai circa 1.000 euro nelle regioni del Centro-Sud (risultando pari a 983 euro lordi al Centro ed a 1.007 euro al Sud). Non a caso, il 46% dei talenti non considera offerte di lavoro senza informazioni sulla remunerazione, addirittura il 39% interromperebbe la selezione se fosse poco personalizzata: “[…] Tutte le fasce di età intervistate danno importanza alla retribuzione, in particolar modo i Baby Boomers (49%) e i Millennials (48%)”.

Il segreto salariale risolverà tutto?

Il problema dei salari per i giovani forse potrebbe venire (parzialmente) risolto già con l’abolizione del segreto salariale. Con la direttiva UE 970/2023, l’Italia avrà tempo entro il 7 giugno 2026 per provvedere ad abolirlo con una legge che ratifichi quanto previsto dalla direttiva. La fine del segreto permetterà di venire a conoscenza non solo delle retribuzioni dei propri colleghi, ma anche dei criteri in base ai quali si stabilisca tale retribuzione. Una mossa che va anche a contrastare il gender pay gap, sulla quale ha dedicato molti anni di studio Claudia Goldin, premiata di recente col Nobel per l’Economia.

Ma quest’abolizione potrebbe comunque diventare un problema per le aziende. Oltre al rischio di intasare i tribunali e mandare sul lastrico le aziende con le richieste di risarcimento (all’articolo 50 della direttiva UE si parla del “recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura”), come precisa Pietro Ichino, intervistato al Corsera, il rischio semmai è quello “[…] dell’appiattimento dei trattamenti, un po’ come avviene nell’impiego pubblico.”. Più il fatto di verbalizzare le differenziazioni, rendendo così sempre più svantaggiosa l’assunzione libera.

La questione degli stipendi dei giovani è ancora lontana dall’essere risolta, e probabilmente non con strumenti come il salario minimo, visto che il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) ha dato esito negativo alla proposta, sostenendo la necessità di migliorare lo strumento del CCNL. Ma per quanto ci siano più del 90% dei lavoratori sotto CCNL, ben un terzo di questi ha una retribuzione inferiore ai 9 euro lordi orari. Insufficienti comunque in un periodo di rincari come questi.