I prezzi aumentano, gli stipendi no. Male l’Italia, sotto la media europea. I numeri
In vista dell’incontro odierno tra il Governo e le opposizioni riguardo al salario minimo, The Adecco Group ha presentato i risultati della ricerca Global Workforce of The Future.
Dall’indagine, su un campione di 30mila persone del mondo, emerge che il 61% dei lavoratori ritiene lo stipendio attuale non adeguato per far fronte all’aumento dei prezzi causato dall’inflazione. Inoltre, il 46% ha selezionato il proprio attuale impiego principalmente in base allo stipendio e ai benefici offerti.
Relativamente all’argomento in discussione oggi, i dati raccolti dal Gruppo attraverso un sondaggio dimostrano che oltre l’80% degli intervistati è favorevole all’implementazione di un salario minimo.
Nel dettaglio, il 79% considera questa misura come uno strumento per promuovere una maggiore equità nei compensi, mentre il 9% sostiene l’idea a condizione che si incoraggi contemporaneamente la produttività aziendale. Un 5% mantiene un atteggiamento più cauto, suggerendo che la questione dovrebbe essere oggetto di trattative collettive coinvolgendo i sindacati. Al contrario, il 7% non considera il tema una priorità per il Paese.
Lo stipendio in Europa: crescita costante, tranne in Italia
Fino al 2010 i lavoratori del Belpaese prendevano più della media UE, ma nel 2011 è avvenuto il sorpasso: le nostre retribuzioni di fatto hanno quasi smesso di crescere, mentre quelle del resto dell’Unione salivano, superandole. Nel corso del 2021, i salari medi nell’Europa hanno raggiunto la cifra di 33.511 euro lordi. Tale valore risulta essere superiore di 3.560 euro rispetto ai redditi ottenuti da un lavoratore italiano medio. Questi dati provengono da Eurostat, l’istituto di statistica europeo, che a gennaio ha reso pubbliche le informazioni riguardanti la maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea e le tendenze salariali dal 1995.
Il Lussemburgo si conferma come il paese più ricco nell’UE, con un reddito annuale medio di 72.247 euro, oltre il doppio della media dell’UE. Danimarca segue con 63.261 euro e Irlanda con 50.347 euro. I lavoratori italiani guadagnano meno dei loro omologhi dell’Europa Occidentale: Germania (44.404 euro) e Francia (40.135 euro). Nell’Europa orientale, gli stipendi sono più bassi, con i lavoratori bulgari meno retribuiti (10.345 euro/anno), seguiti da Ungheria (12.618 euro), Romania (13.000 euro) e Polonia (14.431 euro). Slovacchia, Croazia, Repubblica Ceca e Lettonia guadagnano più dei greci, ma meno degli italiani. Paesi come Estonia, Lituania e Slovenia hanno stipendi superiori, con la Slovenia vicina alla media italiana (28.765 euro/anno).
La Slovenia ha beneficiato della sua posizione centrale nell’UE allargata del 2004 e dei legami con Germania e Austria. L’evoluzione dello stipendio è stata diseguale nel tempo. Ad esempio, il divario tra i redditi sloveni e italiani è diminuito da un ampio divario pre-recessione del 2008 a poco più di mille euro nel 2021. La Polonia ha ridotto il divario salariale con la Grecia da un doppio differenziale del 2008 a 1.448 euro.
L’equilibrio economico europeo è cambiato notevolmente in 20 anni, con l’Europa orientale in crescita e i paesi mediterranei in calo. L’Italia ha visto un’inversione: prima sopra la media dell’UE fino al 2010, ora sotto a causa di una crescita più lenta, creando un divario crescente. Nel 2011, il divario era di soli 240 euro annui, ma nel 2014 è già cresciuto oltre i mille euro. Nel 2017 ha superato i 2.000 euro e nel 2020 ha raggiunto addirittura 4.013 euro. Nel 2021 c’è stata una leggera correzione al ribasso, ma la differenza tra lo stipendio medi in Europa e in Italia rimane significativa, con un divario di 3.560 euro.
E gli europei chiedono soluzioni
Nonostante il forte sostegno dei cittadini per l’Europa, in ogni stato membro oltre il 70% degli intervistati si preoccupa dell’aumento dei costi della vita, stando al sondaggio Eurobarometro del Parlamento Europeo. Questa preoccupazione è particolarmente alta in Grecia (100%), Cipro (99%), Italia e Portogallo (entrambi al 98%).
La Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha affermato:
Le persone sono comprensibilmente preoccupate per l’aumento del costo della vita, poiché sempre più famiglie stanno lottando per sbarcare il lunario. Ora è il momento per noi di garantire soluzioni per tenere sotto controllo le nostre bollette, respingere l’inflazione e far crescere le nostre economie. Dobbiamo proteggere i più vulnerabili nella nostra società.
Gli aumenti del costo della vita in Europa
Che negli ultimi anno (specialmente il 2023) il costo della vita è aumentato in Italia e in Europa non è una novità: già nel 2022, l’Europa ha affrontato un’escalation dei costi della vita con un aumento dei prezzi al consumo del 8% su base annua e un incremento del 29% nei prezzi dell’energia. Tuttavia, secondo l’ultima indagine sul costo della vita globale condotta da The Economist, l’Europa occidentale è generalmente diventata più economica nell’ultimo anno.
Nonostante le città costose come Zurigo, Ginevra e Parigi siano rimaste ai vertici della classifica, solo cinque delle prime venti posizioni sono state occupate dall’Europa nel 2022, rispetto alle dieci del 2021. Inoltre, cinque delle città che hanno subito le più grandi cadute nella classifica sono europee.
Il sondaggio, che valuta oltre 200 beni e servizi in 172 città, supporta le aziende nel calcolare gli adeguamenti del costo della vita per gli espatriati, utilizzando il dollaro come valuta di riferimento. Tuttavia, nel 2022 il dollaro si è rafforzato a seguito di aumenti dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, creando un abbassamento dei costi relativi del 5,5% nella zona euro e del 10,5% nel Regno Unito. Questa situazione ha influenzato la classifica, facendo scendere le città tedesche di 16 posizioni in media rispetto a un potenziale aumento di quattro posizioni se le valute fossero rimaste stabili.
L’unica eccezione nell’ascesa europea è stata Reykjavik, mentre le città russe sono salite nella classifica. Nonostante le previsioni negative per il rublo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e delle sanzioni occidentali, la valuta russa ha recuperato le perdite grazie a aumenti dei tassi d’interesse, controlli sui capitali e prezzi elevati del petrolio e del gas. Questo ha portato a un notevole aumento dei prezzi al consumo in Russia, con un incremento del 17% a Mosca e del 19% a San Pietroburgo nel 2022. Con una valuta più forte e un’alta inflazione, queste città sono risalite rispettivamente di 88 e 70 posizioni nella classifica delle città più costose del mondo.