Roma (WSI) – Grecia, Portogallo, Spagna condannate alla stessa agonia, se non decideranno di dire addio all’euro. Mentre oggi gli esponenti dei partiti ellenici Nuova Democrazia e Pasok dovranno rispondere alle domande del procuratore Grigoris Peponis, che sta indagando sugli intrecci dei finanziamenti fra il mondo delle banche e quello politico, sono ricominciati i colloqui fra il governo e la troika per assegnare le due tranche del prestito accordato ad Atene per uscire dalla crisi.
Ma questo non cambia di una virgola il quadro. Come denunciato dalla giornalista greca Alex Pilitaki al quotidiano britannico The Guardian il Paese è ormai in crisi umanitaria. Una fotografia che si ritrova in Spagna, dove oggi è stato toccato un nuovo record della disoccupazione.
I senza lavoro registrati negli uffici pubblici di collocamento, a febbraio, hanno superato la soglia dei 5 milioni, con una crescita di quasi 60mila unità rispetto a gennaio, secondo quanto comunicato dal ministero del lavoro di Madrid.
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Secondo l’economista Hans-Werner Sinn che presiede il think tank tedesco IFO ed è difensore delle politiche di austerity, la Spagna ha di fronte ha sé almeno dieci anni di crisi.
In un’intervista rilasciata al quotidiano EL Pais Sinn ha detto che per superare la crisi del debito l’Europa dovrebbe permettere al Sud Europa di svalutare la moneta o uscire dall’euro. Per la Spagna l’economista ha calcolato che sarebbe sufficiente una svalutazione del 30% per recuperare competitività. Ma anche la Grecia e il Portogallo dovrebbero seguire la stessa strada.
All’indomani della manifestazione che ha invaso le piazze delle principali città portoghesi per protestare contro la politica di austerità e chiedere le dimissioni del governo del premier Pedro Passos Coelho, Lisbona dovrà tornare a rinegoziare l’accordo del pacchetto di salvataggio.
Anche qui l’economia si sta avvitando su se stessa. La Troika sta realizzando la settima valutazione del programma di assistenza finanziaria da 78 miliardi di euro. Da quando il premier è entrato in carica un anno e mezzo fa, la disoccupazione è aumentata dall’11 al 17,6 %, il Pil è sceso del 3,2% nel 2012 e un quarto dei 10,6 milioni di portoghesi vive in condizioni di povertà.
Nel frattempo Atene e’ stata riclassificata come “paese in via di sviluppo” da uno dei principali gestori di fondi di Usa, Russel Investments.