LONDRA (WSI) – “E’ con le riforme strutturali, efficacemente attuate, che si creano le condizioni per crescita e occupazione in Italia”, come detto nelle “raccomandazioni” verso cui “l’Italia si è già impegnata”. Ma “l’attuazione delle riforme è questione che riguarda lo Stato”, così un portavoce della Commissione Ue sull’intervista del premier Matteo Renzi al Financial Times.
“Sulle riforme decido io, non la Troika, non la Bce, non la Commissione Europea” ha messo in chiaro Renzi nell’intervista, assicurando che, nonostante il quadro economico complicato dalla recessione ancora in atto, il 2014 si chiuderà col rapporto deficit/Pil “al 2,9%”.
L’Italia – ha aggiunto – “non ha bisogno di qualcuno che le spieghi cosa fare”. Niente “spinte da Bruxelles” o dal terzetto Ue-Fmi-Bce, insomma, ma anzi, saranno “gli Stati a dover indicare alla Commissione via e ricette per venire fuori dalle secche”.
Dopo che l’economia ha ricominciato a respirare nel 2013, quest’anno il Pil ha subito una contrazione dello 0,1% nel primo trimestre e dello 0,2% nel secondo.
Per gli economisti il calo del Pil potrebbe finire per spingere il deficit oltre la soglia Ue nel 2014.
Fabio Fois, un economista di Barclays che lavora da Milano, prevede che il deficit supererà il limite del 3% a meno che il governo tagli spese di 1,2-3,2 miliardi di euro.
Renzi ha promesso che vigilerà personalmente sull’operazione di spending review in corso, per assicurare che l’Italia rispetterà gli obiettivi di bilancio europei, sottolineando che “Nemmeno i dittatori facevano le cose velocemente come noi”.
Il Patto di Crescita e Stabilità è un accordo stipulato nel 1997 che prevede che gli Stati membri soddisfino i cosiddetti parametri di Maastricht di bilancio, ovvero un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL e un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro).
In realtà sono molti i paesi a non rispettare queste soglie. Nel 2012, per esempio, solo Germania, Estonia, Finlandia e Lussemburgo hanno rispettato tutti e due i parametri.
Il 39enne ex sindaco di Firenze non ha nascosto la sua paura per uno scenario deflativo nell’area euro. “Non sono di natura una persona paurosa, ma mi farebbe felice vedere l’euro meno forte contro il dollaro e l’inflazione un po’ più alta”.