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Svizzera, il paradiso fiscale perduto

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ROMA (WSI) – Un rientro dei capitali italiani clandestinamente all’estero, in gran parte in Svizzera, fa gola per le sue virtù salvifiche per le malconce finanze pubbliche. La più recente stima seria al riguardo si trova in Questioni di Economia e Finanza n. 97 (2011) della Banca d’Italia, di Valeria Pellegrini ed Enrico Tosti, ed è di 164-194 miliardi di euro, circa quanti arrivarono coi tre scudi fiscali passati (178 miliardi).

È comunque bene sapere che i tempi sono cambiati. I mutamenti sono stati progressivi, indotti anche dalla lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. A prescindere dalle singole fasi, è eloquente il confronto con la situazione degli anni ’80 e ’90. Allora nelle banche svizzere si potevano versare senza difficoltà un milione di franchi, dollari o un miliardo di lire ecc. in contanti; oppure prelevarli, sempre in contanti.

Ora invece, se uno si presenta con una valigetta di banconote a una banca come l’Ubs o il Credito Svizzero, ha la (per lui) brutta sorpresa che non gliele accettano; e pure chi vuole prelevare anche (solo) 100 mila euro in contanti, può cozzare contro un diniego.

Allora era possibile trasferire soldi a un conto cifrato, senza indicare il nome del beneficiario; e le banche inviavano bonifici con la scarna indicazione “per ordine di un nostro cliente”. Adesso appaiono obbligatoriamente i nomi del mittente e del destinatario. A tutto ciò per i cittadini dell’Unione Europea s’è aggiunta da metà 2005 un’imposta sugli interessi (vedi tabella).

Ma la vera preoccupazione degli italiani con conti cifrati è un’altra: cosa gli capiterebbe se la Svizzera volesse mettersi in riga, fra l’altro per rientrare nella c.d. white list, e accettasse di fornire informazioni al fisco italiano?

È una soluzione spostare i soldi altrove? Ma San Marino e il Vaticano come paradisi fiscali sono finiti, Montecarlo dà poche garanzie e dal 2015 è previsto lo scambio automatico di informazioni col Lussemburgo. Certo uno può aprire (o, meglio, farsi aprire) un conto a Panama, alle Bahamas o a Singapore. Ma, oltre agli aspetti logistici, c’è da fidarsi a tenere i propri soldi in quegli staterelli?

Il problema del pregresso. Sul rientro dei capitali clandestini Renato Brunetta ha tirato fuori cifre esaltanti, riportate in modo acritico da molta stampa economica. A fronte di un centinaio di miliardi di euro di ritorno dalla Svizzera, il fisco italiano incasserebbe a regime due miliardi l’anno.

Sono numeri campati in aria. Perché al fisco arrivi così tanto, i soldi rimpatriati dovrebbero fruttare su 9 miliardi, cioè il 9% annuo: in molti gradiremmo conoscere il segreto per ottenere performance simili!

Sempre Brunetta afferma che in un paio di mesi si può raggiungere un accordo con la Svizzera per la regolarizzazione dei patrimoni non dichiarati, il che ha l’aria di un’altra sparata. Tali accordi sono così complessi da essere stati battezzati Rubik con riferimento al rompicapo noto pure cubo magico, inventato nel 1974.

Quelli fra Svizzera e, dall’altro lato, Austria e Regno Unito furono ratificati nel 2012. Pagando percentuali variabili, hanno permesso addirittura di mantenere i capitali all’estero, senza dichiararli al fisco dei rispettivi paesi.

In compenso c’è l’impegno svizzero a non accettare più soldi clandestini dai loro cittadini. Ma già l’accordo con la Germania saltò, bocciato dal consiglio federale (Bundesrat). Parecchie regioni (Länder) preferivano e preferiscono comprare compact disk con elenchi di clienti, corrompendo funzionari di banca svizzeri, e incassare così molto di più fra evasioni accertate e autodenunce. Perché non imitarli?

Soluzione difficile. Un accordo troppo favorevole agli evasori incontrerebbe forti opposizioni etiche e politiche. Se invece è troppo oneroso, c’è l’alto rischio che pochi aderiscano. Ci sarebbe in realtà anche l’alternativa dell’autodenuncia, per cui circolano stime nell’ordine del 15% annuo delle somme all’estero, per chi ha redditi alti. Poiché, nel caso migliore, sono prescritti solo gli anni sino al 2007, arriveremmo a un 75% fra imposte e sanzioni. Ma si ipotizza pure una norma che preveda fortissimi abbuoni per chi denuncia i complici esteri, funzionari di banca o spalloni. A questo punto non ci sarebbe da stupirsi, se di nuovo non se ne farà nulla.

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