GINEVRA (WSI) – È tempo di bilanci in Svizzera. Esattamente un anno fa la banca nazionale (SNB) prese di sorpresa tutti annunciando la decisione di lanciare una guerra valutaria contro la Bce e le sue politiche di svalutazione dell’euro. Come? Abbandonando il peg con la moneta unica, fissato fino a quel momento a 1,20 (limite imposto nel 2011). In pochi minuti il franco si è rafforzato, sfiorando la parità sulla moneta unica e spingendo gli abitanti svizzeri ad andare a cambiare franchi in euro.
Le autorità di politica monetaria elvetiche, e in primis il presidente dell’istituto centrale Thomas Jordan, soprannominato “The Destroyer”, sono state aspramente criticate in patria per il tempismo infelice e per l’ampiezza della manovra, che ha avuto un impatto negativo sui gruppi attivi nel turismo e per i principali esportatori del paese. Gran parte degli affari commerciali della Svizzera sono stretti infatti con la vicina Europa.
Per tutto il 2015 il tasso di cambio tra euro e franco si è aggirato nella forchetta di prezzo 1,05-1,08 franchi. Significa che i beni svizzeri sono diventati il 10% più cari per le aziende e i consumatori dell’area euro. Senza parlare del costo sempre più elevato per chi volesse viaggiare in Svizzera come turista.
Ogni mese l’anno scorso c’erano in media 6 mila svizzeri senza un’occupazione rispetto al 2014. Il governo federale stima che la crescita economica sia scesa dal 2,1% allo 0,8% nel corso del 2015. Nelle camere degli alberghi svizzeri si sono registrati 142 mila visitatori in meno tra maggio e ottobre rispetto a un anno prima.
Per la prima volta nella storia, il tasso di disoccupazione in Svizzera ha superato quello della Germania, 4,9% contro 4,5%, secondo i dati pubblicati dall’ILO, organizzazione internazionale del lavoro, ramo dell’Onu con sede a Ginevra. Le spese dei consumatori svizzeri effettuate all’estero in compenso sono aumentate, dell’8% a 11 miliardi di franchi, ma il numero di fallimenti aziendali è salito del 7%.
Nel frattempo i tassi di interesse sono diventati negativi mettendo pressione sui fondi previdenziali e sulle banche d’affari. Ci sono alcuni cantoni, come Zug, che hanno addirittura chiesto ai contribuenti di pagare “il più tardi possibile” per non perderci dei soldi, dal momento che le banche hanno iniziato a chiedere denaro per concedere il privilegio di parcheggiare soldi presso le loro cassaforti.