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Taglio tassi depositi, quali conseguenze? Occhio ai casi JPM, Goldman e BlackRock

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LONDRA (WSI) – A prescindere che crediate o no all’adozione di un vero programma di allentamento quantitativo con acquisto di titoli di Stato da parte della BCE (ipotesi che la stragrande maggioranza del mercato considera estremamente remota), il fatto che i rendimenti dei bund tedeschi a 2 anni siano ancora positivi è piuttosto sorprendente.

Il bund a 2 anni attualmente rende lo 0,05%, meno dello 0,2% di inizio anno, ma più di quanto ci si potrebbe aspettare considerando che: a) offrivano rendimenti negativi nel 2012 e nel 2013; e b) l’esito più probabile della riunione di giovedì, secondo il mercato, è un taglio del tasso di deposito della BCE, che finirebbe così in territorio negativo.

Il grafico di seguito mostra che nel secondo semestre del 2012, come pure verso la metà del 2013, il rendimento offerto dal bund biennale era negativo (ossia, chi avesse acquistato il titolo al prezzo di mercato vigente e l’avesse tenuto fino a scadenza, avrebbe dovuto aspettarsi un rendimento nominale totale negativo), con una punta minima del -0,1% raggiunta a luglio 2012.

Ovviamente, in particolare nel 2012 la disgregazione dell’Eurozona era una minaccia quanto mai concreta.

Gli spread delle obbligazioni periferiche erano saliti ai livelli più ampi di sempre (i CDS sui titoli spagnoli a 5 anni quotavano a oltre 600 bps a luglio 2012), e i saldi Target 2 mostravano che in agosto 2012 le banche tedesche avevano assorbito 750 miliardi di euro di depositi, in quanto mercato “rifugio”, dagli altri Paesi dell’area dell’euro (in particolare, Spagna e Italia).

Quindi, sebbene il tasso di rifinanziamento della BCE fosse allo 0,75% a luglio 2012, in confronto allo 0,25% attuale, la preferenza per i titoli di Stato tedeschi a scapito degli asset dei governi periferici aveva spinto i prezzi dei bund a breve scadenza verso livelli tali da produrre rendimenti negativi.

Questa volta, però, mentre la minaccia che l’area dell’euro si sgretoli appare decisamente minore – i CDS spagnoli quotano oggi a 80 bps contro i 600 del 2012 – la prospettiva di tassi di deposito negativi adottati dalla BCE potrebbe produrre dinamiche diverse, in grado di generare un impatto sui titoli governativi a breve termine.

Il mercato si aspetta che Francoforte fissi effettivamente un tasso di deposito negativo, addebitando lo 0,1% alle banche che depositano denaro presso la BCE. La Danimarca ha intrapreso misure analoghe con successo nel 2012, nel tentativo di scoraggiare gli speculatori di fronte ai capitali in fuga dall’Eurozona che confluivano nel Paese.

Mentre il tasso di rifinanziamento della BCE sembra destinato a rimanere positivo, il taglio dei tassi di deposito potrebbe avere implicazioni rilevanti per i fondi del mercato monetario.

David Owen di Jefferies sostiene che nell’area dell’euro i capitali investiti in fondi money market valgano 843 miliardi di euro, ossia l’8,5% del PIL. Ma che succede a questi soldi se i tassi diventano negativi?

Nel 2012, quando la BCE ha tagliato il tasso di deposito portandolo a zero, vari gestori di fondi di questo tipo hanno chiuso o limitato l’accesso a tali strumenti (ad esempio, JPM, BlackRock, Goldman Sachs – si veda l’articolo del FT).

Molti fondi del mercato monetario nel mondo garantiscono, o quanto meno implicano, un valore patrimoniale netto (NAV) costante o positivo, il che ovviamente non è possibile in un contesto di tassi negativi, quindi i fondi chiudono, almeno per quanto riguarda l’ingresso di nuovi capitali. E perché un investitore dovrebbe essere attratto da un fondo money market, con tanto di rischio di credito derivante dagli asset detenuti da questo veicolo, quando può ottenere un rendimento positivo da un bund “a rischio zero”?

Dunque, mentre un vero e proprio QE sembra ancora di là da venire, ammesso che sarà mai adottato, e il famoso “tutto il necessario” di Draghi significa che il rischio di disgregazione dell’Eurozona sta normalizzando gli squilibri a livello di rischio di credito e sistema bancario, l’enorme quantità di denaro detenuta nei fondi del mercato monetario in cerca di rendimenti positivi, per volontà o per la necessità indotta dalla chiusura di tali fondi, rende difficile capire come mai il rendimento dei bund a 2 anni sia ancora superiore allo zero.

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