Del sistema di compensazione interbancaria Target2 WallStreetItalia si è occupata in molte occasioni. Esso, in breve, esprime le posizioni di credito e debito di un Paese, nei confronti dell’Eurosistema. Esso si esprime al livello delle banche centrali nazionali, le quali possono avere un credito o un debito nei confronti della Bce, come conseguenza delle transazioni all’interno dell’Eurozona. Il nodo cruciale è che la Banca d’Italia risulta la prima debitrice nel sistema Target2, con 442 miliardi di euro, mentre la Bundesbank è il primo creditore, con 923 miliardi. Ciò riflette, in parte, la forza esportatrice della Germania. Anche se la questione è ancora aperta fra gli economisti, prevale l’idea che i saldi Target2 rappresentino ben più che grandezze astratte, ma veri e propri rapporti di debito e credito. Se un Paese uscisse dall’euro, aveva dichiarato il presidente della Bce Mario Draghi in risposta a un’interrogazione, sarebbe tenuto a pareggiare il suo conto con l’Eurosistema. Per l’Italia ciò comporterebbe un prezzo da pagare, ma per la Germania – lo dimostra l’attività di alcuni economisti che propugna questa opzione – potrebbe rivelarsi un affare assai redditizio.
In questo dibattito è intervenuto, uno dei maggiori esperti di Target2 il professor David Blake della City University of London, in un’intervista rilasciata all’Agi. Target2 “tiene l’euro a galla in quanto spalma squilibri commerciali che altrimenti richiederebbero la vendita di beni nazionali dei Paesi in deficit ai Paesi in surplus, considerato che questi squilibri non possono più essere rimossi da aggiustamenti dei tassi di cambio che riducano i prezzi internazionali delle esportazioni dai Paesi in deficit e li aumentino in quelli in surplus” ha spiegato il professore. In altre parole, l’esistenza dell’euro ha rimosso sì i tassi di cambio, ma ha lasciato intatte le conseguenze dei deficit commerciali fra i vari stati che compongono l’Eurozona: esse trovano espressione e compensazione nei saldi Target2 . Se nessuno li osserva, apparentemente gli squilibri non esistono – e per questo se ne è sempre parlato poco.
“Il Target 2 è diventato il fattore di pressione che impedisce all’Eurozona di implodere”, ha proseguito Blake, “ma ciò non può andare avanti all’infinito, per via delle sue contraddizioni interne. Sono piuttosto sicuro che i leader tedeschi non acconsentiranno mai alla ‘unione dei trasferimenti’ formale che sorgerebbe dalla cancellazione dei debiti del Target 2. Quindi, presto o tardi, accadrà una di queste due cose. O i contribuenti tedeschi si renderanno conto che i loro crediti Target 2 sono senza valore a meno che non vengano usati per acquistare beni immobili in Paesi in deficit, ovvero l’unico modo realistico in cui i debiti Target 2, vista la loro mole, possono essere onorati da Italia e Spagna. Oppure i cittadini italiani e spagnoli obietteranno alla vendita delle loro infrastrutture nazionali alla Germania”.
Inizialmente il sistema Target2 avrebbe dovuto pareggiare i suoi saldi entro brevi periodi di tempo, e nei primi anni accadde proprio questo. Ma l’arrivo della crisi del 2008 iniziò a scompaginare i piani, ha dichiarato il professore:
“In seguito alla crisi del debito sovrano iniziata nel 2011, anche gli eurocrati si sono resi conto che il Target2 stava venendo sfruttato da banche, aziende e individui ricchi. Nel tentativo di affrontare l’azzardo morale di banche che offrono prestiti facili a compagnie ad alto rischio insolvenza scaricando poi il rischio tramite il Target2, hanno introdotto il sistema di bail-in per la risoluzione delle banche”.
Secondo Blake la mole di Target2 può solo portare in due direzioni: l’unione politica o la dissoluzione dell’Eurozona. Delle due opzioni, il professore ritiene più probabile la prima. Ma ciò avverrebbe a caro prezzo:
“I debiti Target 2 dell’Italia e della Spagna nei confronti della Germania verranno ridotti una volta che la Germania rileverà loro beni nazionali per 900 miliardi. La gente potrà lamentarsi ma non ci sarà alternativa. E, mentre ciò accadrà, la politica fiscale sarà trasferita a Bruxelles e quella creditizia a Francoforte”.
Siccome “i debiti del Target 2 sono a rischio zero finché ogni Stato rimane nell’Eurozona”, Blake ritiene che non convenga a nessuno far saltare il tavolo. E’ vero, resterebbe comunque possibile dichiarare default sui debiti Target2, con ripercussioni sulle banche centrali dell’Eurosistema in proporzione al proprio capitale nella Bce. Ma se “un membro dell’Eurozona lasciasse l’unione monetaria, non gli sarebbe consentito di restare nella Ue”. In altre parole, non bisogna aspettarsi che gli ex compagni dell’euro possano offrire le condizioni migliori a chi se ne va. E l’esperienza della Brexit lo ha già mostrato ampiamente.