ROMA (WSI) – Un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari è stata notificata all’ex governatrice della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti nella sua casa di Foligno nell’ambito dell’inchiesta sul nodo fiorentino dell’alta velocità. Provvedimenti cautelari sono stati recapitati ad altre sei persone.
Maria Rita Lorenzetti è stata presidente della Regione Umbria per due legislature ed è presidente di Italferr, la società di ingegneria del gruppo Ferrovie dello Stato. A quanto emerge dall’ordinanza, notificata dal Ros dei Carabinieri di Firenze, è accusata di essersi adoperata perché venissero pagate due società impegnate nei lavori della Tav a Firenze, per le quali i versamenti erano in ritardo.
In cambio la Lorenzetti avrebbe ricevuto presunti favori professionali per il marito. “Vantaggi assolutamente inesistenti”, commenta il suo legale Luciano Ghirga del Foro di Perugia, che incontrerà nelle prossime ore la sua assistita.
“I fatti contestati nell’ordinanza di custodia cautelare – ha detto l’avvocato Ghirga – sembrano essere gli stessi dell’avviso di garanzia del gennaio scorso. La dottoressa Lorenzetti ha sempre sostenuto la sua estraneità a tutti i fatti contestati”. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per il rischio di reiterazione dei reati.
“Non è un semplice scambio di favori tra due persone, ma una sorta di gioco di squadra: è emersa una corruzione circolare in cui i favori vengono fatti a persone di volta in volta diverse, sapendo che prima o poi chi ne fa parte ti ripaga”. E’ quanto rivela una fonte della Procura di Firenze sull’inchiesta sul nodo fiorentino dell’alta velocità.
Quello che viene descritto come “un gioco di squadra” appare come un “patto” di favori che ha coinvolto altri sei indagati, “colpiti da misure interdittive più lievi” come ha spiegato il legale della Lorenzetti, l’avvocato Ghirga. A quanto si apprende ci sarebbero state ingerenze per modificare la normativa in fatto di rifiuti. Lo scopo? Far sì che i prodotti di scavo della Tav venissero assimilati a sottoprodotti.
Questa l’accusa attorno alla quale ruota l’inchiesta scattata dalle indagini sul passante ferroviario fiorentino del 17 gennaio scorso. In quell’occasione vennero eseguite perquisizioni in tutta Italia e furono indagate 31 persone, fra cui appunto la presidente Maria Rita Lorenzetti, accusata di corruzione, associazione a delinquere e abuso d’ufficio.
I reati contestati furono truffa e corruzione. Tra le ipotesi dei pm fiorentini Giulio Monferini e Gianni Tei, coordinati dal procuratore capo Giuseppe Quattrocchi, c’era il presunto legame di interessi tra le ditte che smaltivano i fanghi e le acque nei cantieri Tav, con la criminalità organizzata, nello specifico con il clan dei Casalesi.
In questa nuova inchiesta gli inquirenti puntano i fari anche sul ruolo del consulente Walter Bellomo, membro della commissione Valutazione impatto ambientale del ministero dell’Ambiente ed ex coordinatore provinciale del Pd di Palermo. Secondo le accuse, rivela la fonte, “si sarebbe impegnato per far ottenere una corsia preferenziale in Commissione Via in cambio di appalti e della richiesta di una candidatura a deputato”.
Ma in lista non venne messo e, da quanto si apprende, nelle intercettazioni emerge proprio il suo disappunto per non essere stato “ripagato” dei presunti favori fatti. Nelle conversazioni, un dirigente del settore ambiente che aveva manifestato più di una perplessità sulle operazioni legate ai rifiuti sarebbe stato definito da uno degli indagati “terrorista”.
Secondo i magistrati fiorentini, inoltre, nella tratta toscana della Tav sarebbero stati utilizzati materiali scadenti per la costruzione della galleria e ci sarebbero stati favori negli appalti alle Coop rosse. La Procura ha inscritto nel registro degli indagati 36 persone.
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