Se ne parla dal 1990, ma sulla Tav il dibattito è ancora confuso. La sigla indica in generale le ferrovie ad alta velocità, ma nel discorso pubblico vuol dire la Linea ad Alta Velocità Torino – Lione. C’è chi la ritiene un’opera necessaria e chi la reputa invece inutile e costosa.
Negli anni, analisi spesso partigiane hanno condizionato le decisioni. Il fronte dei No Tav, e di recente anche quello dei favorevoli al progetto, sono scesi più volte in piazza a manifestare.
In attesa della decisione del governo, l’ultima tappa della vicenda è stata l’analisi costi – benefici presentata dai tecnici scelti dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, coordinati dal professor Marco Ponti. L’analisi è risultata negativa per 7/8 miliardi di euro. I benefici ambientali vengono definiti “trascurabili”.
Il commissario del governo Paolo Foglietta ha subito parlato di “analisi-truffa”. Il fact checking dell’agenzia di stampa Agi “Tav: la verità dei fatti” riassume i pro e i contro dell’Alta Velocità fra Torino e Lione.
Tav, le ragioni a favore del progetto
Chi sottolinea i pro dell’Alta Velocità Torino Lione si concentra sul punto di vista economico e su quello ambientale: la Tav renderebbe più veloce e quindi competitivo il trasporto di merci e di persone fra la Francia e l’Italia. I sostenitori dell’opera partono dalla previsione di una crescita costante dei traffici delle merci, al contrario dei critici che sottolineano il calo del flusso fra i due Paesi.
Sul traffico passeggeri, i fautori della Tav puntano sul dimezzamento della durata dei viaggi. Questo dovrebbe rendere più competitiva la ferrovia rispetto all’aereo, con benefici sull’ambiente e risparmi per i passeggeri.
Inoltre, fra i pro dell’opera c’è quello che riguarda l’impatto generale sull’ambiente. La Tav farebbe diminuire il numero di Tir sulle strade e dunque l’inquinamento. Un altro punto a favore riguarda i posti di lavoro che creerebbe.
I contrari alla Tav
Le prime proteste del movimento No Tav sono cominciate negli anni Novanta ma diventano più organizzate a partire dai primi anni 2000. I contrari al progetto sono all’inizio gli abitanti della Val di Susa, guidati da sindaci e assessori. Vogliono proteggere i terreni dai cantieri e salvaguardare l’integrità della valle.
In seguito, il Movimento ha allargato la sua base a tutta Italia e il fronte dei contrari ha sviluppato argomentazioni più ampie sul no ai lavori.
Secondo i contrari al progetto, il flusso limitato di merci e di persone attraverso il confine non giustifica un investimento come quello stanziato per la grande opera. Sui posti di lavoro che creerebbe la Tav, il fronte del no evidenzia quelli che allo stesso tempo andrebbero persi. In settori come per esempio l’agricoltura (per i lavori dei cantieri) e l’autotrasporto.
Inoltre, sul tema della difesa dell’ambiente, i no Tav si concentrano sui danni all’ecosistema naturale che provocherebbe la nuova infrastruttura.
Il dibattito sui costi
Il commissario del governo Paolo Foietta, insieme a Stefano Esposito, ex deputato del Partito democratico, nella pubblicazione del 2012 “Sì Tav” avevano sottolineato la prudenza dei proponenti nell’esprimere una valutazione:
“Il costo è il risultato di un progetto”, spiegavano, “e fino a che non è conclusa la fase di progettazione è naturale che esistano delle incertezze”.
In ogni caso, certo è il contributo dell’Unione Europea. Secondo l’ente Telt (Tunnel Euralpin Lyon Turin), responsabile della sezione transfrontaliera della linea, cofinanzia l’opera per il 40 per cento.