“No, non ho visto spiragli per la pace”: è secca la risposta data dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso di una conferenza stampa, dopo la telefonata di ieri con Vladimir Putin. Al centro del colloquio, la richiesta russa di revoca delle sanzioni imposte da Ue e Stati Uniti, considerate dal leader russo presupposto indispensabile per far ripartire l’export di grano e fertilizzanti.
“Vladimir Putin ha sottolineato che la Federazione Russa è pronta a dare un contributo significativo per superare la crisi alimentare attraverso l’esportazione di grano e fertilizzanti, subordinatamente alla revoca delle restrizioni politicamente motivate da parte dell’Occidente”, ha spiegato una fonte del Cremlino.
Il Presidente russo ha inoltre rassicurato inoltre Draghi sul fatto che verranno mantenute le forniture di gas.
Nel colloquio, sempre secondo quanto riporta l’ufficio stampa del governo russo: “Si è discusso della situazione in Ucraina. In particolare, Vladimir Putin ha informato del lavoro in corso per stabilire una vita pacifica nelle città liberate del Donbass”. “Sono state fornite anche le principali valutazioni del processo negoziale congelato da Kiev”, ha aggiunto il Cremlino.
Draghi Putin, la questione dei porti
Dal canto suo, parlando della telefonata, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha spiegato che:
“Una prima iniziativa che si potrebbe cominciare a esplorare è costruire una possibile collaborazione Russia-Ucraina sullo sblocco dei porti del mar nero. Il presidente Putin ha detto che non è sufficiente a risolvere la crisi, io ho detto: sì ma almeno intanto li sblocchiamo altrimenti marciscono. Putin mi ha detto che i porti sono bloccati perché minati dagli ucraini per impedire alle navi russe di attaccare l’Ucraina. Serve quindi una collaborazione da una parte per sminare i porti e dall’altro per garantire che non avvengano attacchi. Sulle garanzie non abbiamo discusso molto, lo faremo se le cose vanno avanti, può essere che non abbia esito, ma c’è stata disponibilità a procedere. Poi dovrò chiamare Zelensky per sapere se c’è analoga disponibilità. E’ un’iniziativa che ho sentito il dovere di prendere per la gravità della crisi umanitaria che può toccare i più poveri del mondo”.
Se mai quello che il premier ha definito “uno spiraglio” dovesse allargarsi sino ad aprire realmente dei corridoi alimentari il Cremlino, secondo quanto risulta, metterebbe sul tavolo una condizione precisa, la volontà di “controllare le rotte” delle navi di grano e altre sementi, la volontà di “sapere in anticipo i porti di destinazione” e di avere dunque una voce in capitolo.
Ricordiamo che la guerra in Ucraina ha bloccato le esportazioni di grano: si tratta di uno stop che sta già facendo sentire le sue pesantissime ripercussioni a livello globale. Nei primi dieci giorni di maggio, l’export di grano ucraino è più che dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2021, passando da 667.000 a 300.000 tonnellate.