Crescono le preoccupazioni su un possibile effetto contagio, dopo il terremoto FTX. La crisi innescata dalla società di Bankman-Fried ha finito per travolgere anche BlockFi. La piattaforma di prestiti crittografici ha spiegato in un tweet che non può più gestire la propria attività “come al solito” e sta limitando i prelievi sulla piattaforma, adducendo come motivazione l’incertezza che affligge FTX.
La società con sede a Jersey City, nel New Jersey, ha chiesto quindi ai clienti di astenersi dal depositare fondi nei loro portafogli BlockFi o conti interessi. Vale la pena ricordare che FTX all’inizio dell’anno aveva offerto a BlockFi un’importante ancora di salvezza fornendo una linea di credito revolving di 400 milioni di dollari, con un accordo che prevedeva l’opzione per l’acquisto della società.
Intanto, il numero uno di FTX, Sam Bankman Fried, in un lungo tweet si è scusato con gli utenti del suo exchange, assicurando che sta facendo di tutto per trovare nuovi investitori disposti a salvare la società. Ci sarà un cavaliere bianco o Ftx si trasformerà, nel mondo delle criptovalute, in una sorta di Lehman Brothers?
L’opinione degli analisti su FTX
Secondo Michele Mandelli, managing partner della fintech italiana CheckSig, FTX non è il primo e, salvo una sterzata del settore verso una maggior trasparenza, non sarà l’ultimo. E il rischio è che le sue conseguenze possano farsi sentire anche sui mercati finanziari tradizionali. Mandelli scrive:
“La crisi di FTX è l’ennesima prova di come l’universo dei cripto asset necessiti di un passo in avanti nella regolamentazione e nella trasparenza, anche per i potenziali effetti a catena che possono riversarsi sui mercati tradizionali. Da un lato il Bitcoin non è più presenza trascurabile nel bilancio di numerose banche e fondi d’investimenti, mentre dall’altro fondi azionari, banche, private equity e venture capital hanno esposizioni consistenti ai crypto-exchange privati e quotati, essendo azionisti o creditori. Operazioni tra parti correlate come quelle che hanno portato al naufragio di FTX sarebbero state sotto la lente di vigilanza e organi regolamentari in un contesto di finanza tradizionale, evitando una crisi così repentina di un colosso del settore.”.
A detta dell’esperto, “quello dei crypto-asset è, ancora oggi, un Far West dove spesso manca la trasparenza, e questa opacità non permette a clienti e investitori degli exchange di valutare a pieno il rischio di controparte a cui si espongono quando scelgono la piattaforma su cui operare o investire. Questo fa impennare il rischio di vedere i propri asset congelati per una crisi di liquidità. La trasparenza e la regolamentazione sono per questo sempre più una necessità impellente nel mondo dei crypto-asset e la pietra angolare da cui costruire questo nuova fiducia è quella della prova di riserva, che nel caso di FTX è venuta a mancare. Si tratta di una verifica indipendente condotta da una terza parte, che garantisce che il depositario detenga le attività che dichiara di possedere per conto dei suoi clienti. Una scelta che però fanno ancora troppi pochi player del settore, e che dovrebbe essere invece uno standard di mercato”.