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Tesla, sul titolo un Big Short da 534 milioni dal trader Michael Burry

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Lo scorso gennaio aveva invitato Elon Musk a vendere il suo “Tesla Soufflé”. Sembrava una battuta, ma per Michael Burry il futuro crollo della società automobilistica è una scommessa vera. Michael Burry è il trader che nel 2008 ha fatto guadagnare al suo fondo d’investimento circa 2,6 miliardi di dollari scommettendo un miliardo di dollari sul crollo del mercato immobiliare Usa e la sua storia è stata raccontata nel libro di Michael Lewis “The Big Short” e nel successivo film La grande scommessa.

Secondo le comunicazioni rese alla Sec, il fondo Scion Asset Management di Burry ha accumulato posizioni corte, opzioni put, su 800.100 azioni Tesla, pari circa a 534 milioni di dollari nel primo trimestre. Grazie a questi contratti, Burry potrà vendere le azioni della società fondata da Musk a un prezzo prestabilito entro un certo orizzonte temporale – e trarne un profitto nel caso in cui, nel frattempo, il valore di Tesla sarà diminuito.

Una nuova “grande scommessa”, dopo quella vinta nel 2008 sul crac del mercato immobiliare americano, che aveva reso Burry celebre anche nell’immaginario cinematografico (in foto una scena del film “The Big Short” che ritrae Christian Bale nella parte di Burry).

Ad insospettire Burry sul futuro di Tesla è la natura dei suoi profitti, che al momento sono fortemente guidati dalla vendita di crediti “ecologici” venduti ad altre società automobilistiche. Burry l’aveva dichiarato in un tweet successivamente rimosso. Dal momento che Tesla produce solo automobili a zero emissioni è in possesso di crediti che, in varie giurisdizioni, possono essere venduti ad altre società indietro con i target imposti dai governi sulle tecnologie green.
In altre parole, Tesla starebbe traendo profitto dagli incentivi che i governi stanno riconoscendo ai produttori più attivi sull’elettrico.

Tesla, come funzionano i crediti ecologici

Nel primo trimestre del 2021 Tesla ha realizzato un utile netto record da 438 milioni di dollari e, allo stesso tempo, ha incassato 518 milioni di dollari dalla vendita di crediti “ecologici” (+46% rispetto a un anno prima).
Si tratta di profitti facili per Tesla, dal momento che si trova costantemente in possesso di un’eccedenza di crediti ecologici – esistono in forme analoghe non solo in una dozzina di stati Usa, ma anche in Europa e in Cina.
In linea generale, ai costruttori è richiesta la produzione di un certo ammontare di auto a basse emissioni sulla base del totale delle auto vendute. Se i target non vengono raggiunti, possono acquistare i crediti da altre società che ne hanno in eccesso. Di fatto, Tesla li può vendere realizzando un profitto del 100%. Le società dell’attuale gruppo Stellantis, ad esempio, hanno comprato da Tesla crediti ecologici per circa 2,43 miliardi di dollari fra il 2019 e il 2021.

Per il momento la società di Elon Musk può trarre vantaggio dalla sua elevata produzione di veicoli a zero emissioni, ma con l’avanzata degli altri marchi sull’elettrico questa importante fonte di profitto potrebbe man mano prosciugarsi per Tesla.

Già lo scorso gennaio Burry aveva affermato che il suo short su Tesla stava diventando sempre più grande. Nel 2008 la sua caparbietà gli fruttò personalmente 100 milioni di dollari e sembra che Burry creda ancora nella sua buona stella.