ROMA (WSI) – Maria Cannata, responsabile della gestione del debito presso il Ministero del Tesoro, è chiara: l’ipotesi di porre il segreto di Stato sui derivati in capo al Tesoro “non è mai esistita e non è necessaria: questo non significa divulgare tutto, nessuno al mondo dà informazioni di tale dettaglio, c’è comunque la riservatezza”.
Sul segreto di Stato, Cannata ha precisato che si tratta di una ipotesi “assolutamente incompatibile con la gestione che implica procedure e richieste di informazioni continue”.
Le dichiarazioni sono state rilasciate in occasione della presentazione del Rapporto sul debito pubblico nel 2014, che ha messo in evidenza che l’ammontare degli strumenti derivati è stato nell’anno di 163,040 miliardi, e che a partire dal 2023 il portafoglio risulta quasi dimezzato.
Gran parte delle scadenze, in termini di nozionale, si legge nel rapporto, “si concentrano nei primi anni fino al 2019. Sempre in termini di valore nozionale, a partire dal 2023 il portafoglio derivati risulta dimezzato”.
Il direttore del Debito del Tesoro ha precisato sempre in riferimento al Segreto di Stato:
“Scendere più in dettaglio di così sarebbe controproducente anche nei riguardi dei nostri interlocutori. Avere un gruppo di banche che sottoscrive le nostre aste in modo costante e stabilizza i prezzi sui mercati ha un valore immenso per noi”.
Sulle “spese per interessi legate al debito” queste nel 2015 “ammonteranno a 5 miliardi in meno, di cui 3,3-3,5 legati ai derivati, un livello analogo a quello del 2014”. Sono i vantaggi apportati da Quantitative Easing di Mario Draghi.
Dal Rapporto è emerso che nel 2014 il costo medio del debito pubblico è stato del 3,70%, in lieve calo rispetto al 3,73% dell’anno precedente. Forte flessione invece per il costo medio ponderato delle nuove emissioni, che è scivolato all’1,35% rispetto al 2,08% del 2013. Nella relazione si legge che:
“La discesa dei tassi di mercato ha quindi significativamente più che compensato il graduale ribilanciamento delle emissioni verso scadenze più lunghe, che normalmente presentano tassi all’emissione più elevati”.
Per il 2015 è stato indicato un costo medio all’emissione allo 0,74%, al nuovo minimo storico.
Riguardo alla vita media complessiva di tutti i titoli di Stato al 31 dicembre 2014 questa, si legge, è stata pari a 6,38 anni:
“Un dato solo lievemente al di sotto di quello al 31 dicembre 2013 (6,43 anni). Nel 2014, pertanto, la fase di riduzione della vita media, iniziata nel 2011, si è sostanzialmente conclusa”.
Cannata ha poi anche parlato dell’effetto del bail in, affermando che “è difficile dire” se il bail-in si tradurrà in generale in una crescita della domanda di bond governativi italiani da parte dei risparmiatori.
Tra l’altro, “il retail è sensibile al livello dei tassi. Se i tassi restano così bassi non è detto che i timori sul bail-in portino a una maggiore domanda”. Tuttavia, i timori sul bail in “potrebbero favorire acquisti di titoli di Stato su scadenze un po’ più lunghe“.