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Tfr in busta paga: 62% degli italiani è contro

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ROMA (WSI) – Ancora oggi, il presidente del Consiglio Renzi ha ripreso l’idea di lasciare nella busta paga dei lavoratori la quota accantonata ogni mese per il TFR (Trattamento di Fine Rapporto).

Gli interessati potrebbero così disporre immediatamente di una fonte di reddito ulteriore – da trasformarsi, secondo gli auspici del governo, in maggiori consumi – ma dovrebbero rinunciare alla disponibilità di una cifra con-sistente nel momento della cessazione del lavoro.

Proprio questo aspetto rende perplessi gli italiani. La maggior parte – quasi due su tre – mostra di preferire l’accantonamento del TFR, in modo da ritrovarsi una cifra consistente a fine rapporto. Solo poco più del 30% si orienta verso la riscossione immediata della quota di TFR, con una accentuazione tra gli impiegati.

Mentre, vice-versa, tra gli operai, è ancora maggiore la quota di chi preferisce l’accantonamento del TFR e si dichiara contrario alla distribuzione mensile in busta paga.

È interessante la differenziazione delle risposte rispetto al reddito familiare. In tutti i livelli, la maggioranza si conferma per la conti-nuazione del sistema com’è ora, ma nelle due categorie estreme, i più “poveri” (meno di 15.000 euro all’anno) da un verso e i più “ric-chi” (più di 50.000 euro l’anno) dall’altro, si rileva un’accentuazione relativa (che raggiunge il 41%) per l’erogazione mensile del TFR.

L’atteggiamento critico verso l’erogazione mensile del TFR è confermato da molte risposte degli intervistati. Ad esempio, il 69% la-menta la possibilità di una tassazione maggiore, il 67% teme per la perdita di una forma di risparmio anche se forzosa. Non solo: il 50% NON ritiene che la distribuzione mensile del TFR costituisca un aiuto per le famiglie. E il 60% dichiara di NON credere che questo eventuale provvedimento possa rilanciare i consumi.

Copyright @ Renato Mannheimer, ISPO Ricerche.