Roma – La Tobin Tax tanto attesa – e temuta – dal mondo della finanza e dei risparmiatori è arrivata. Tassa dello 0,02% sull’high frequency trading, ergo sugli scambi ad alta frequenza. In poche parole, la tassa sarà applicata al controvalore degli ordini annullati o modificati e che abbiano superato determinate soglie.
Il governo commenta la disposizione affermando che a essere colpite sono “le operazioni effettuate elettronicamente in periodi di tempo molto ristretti”. La norma stabilisce inoltre che “l’imposta venga applicata sugli ordini cancellati o modificati, laddove la proporzione rispetto a quelli eseguiti ecceda una determinata soglia numerica”.
La norma scatterà da marzo 2013 per i mercati regolamentati e da luglio per gli scambi sui derivati, con aliquote maggiorate allo 0,12% e allo 0,22% per il 2013. Successivamente dal 2014 le aliquote scenderanno allo 0,1% per i mercati regolamentati e allo 0,2% per quelli non regolamentati (‘Otc’, over the counter.
La domanda è: si tratta davvero di una norma anti-speculazione? Non tutti sono d’accordo: occhio per esempio all’opinione riportata sul Fatto Quotidiano, che descrive la norma, insieme ai soldi erogati per salvare MPS, alla stregua dell’ultimo regalo che Monti ha fatto alle banche. E MF scrive come in questo modo sia stato alleggerito il carico sempre sugli istituti di credito. La polemica infuria, si parla di Tobin Tax annacquata, e del fatto che le banche ora possono esultare.
Nella norma si legge anche che l’imposta di bollo sui prodotti finanziari non potrà superare la soglia di 4.500 euro a partire dal 2013, solamente per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
La Tobin tax non si applicherà alle società a bassa capitalizzazione. “Sono esclusi i trasferimenti di proprietà di azioni emesse da società la cui capitalizzazione media nel mese di novembre dell’anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento di proprietà sia inferiore a 500 milioni di euro”.
L’esenzione “viene estesa agli enti di previdenza obbligatoria, ai fondi pensione e alle forme pensionistiche complementari, in ragione delle funzioni sociali a essi affidate e dell’evidente mancanza di ogni intento speculativo”.
A pagare la tassa saranno invece anche gli intermediari non residenti, che “potranno avvalersi di un rappresentante fiscale” nominato in Italia. Nel caso in cui ci siano più intermediari, l’imposta dovrà essere prelevata dall’intermediario più vicino al soggetto che realizza l’operazione finanziaria.
Esenti, invece, i ‘market maker’, ovvero gli intermediari che operano sui mercati nel quadro di un’attività di supporto agli scambi. Questo perchè “l’attività di supporto agi scambi svolge un ruolo fondamentale nel fornire liquidtà ai mercati e l’applicazione dell’imposta potrebbe rappresentare un freno nei confronti di questa funzione”.