ROMA (WSI) – Il crollo del ringgit, la valuta malesiana, sta riportando lo spettro degli attacchi speculativi della fine degli anni Novanta: quelli che videro sotto i riflettori soprattutto gli attacchi speculativi di George Soros.
La moneta ha continuato a perdere terreno nei confronti del dollaro anche oggi, sulla scia dei forti smobilizzi da parte delle banche centrali. “I player continuano a essre long sul dollaro e short sul ringgit, tanto che il rapporto di cambio potrebbe testare quota 4,15 nel corso di questa settimana”, ha detto un trader attivo sul mercato valutario a Kuala Lumpur.
Le spiegazioni sono molteplici: tra queste, la recente svalutazione dello yuan, che porta i trader a scommettere su nuovi interventi delle banche centrali del resto dell’Asia, al fine di non rimanere indietro e penalizzati dal lancio di questa nuova guerra valutaria; le aspettative su un rialzo dei tassi Usa da parte della Fed, già a settembre, che stanno rafforzando il dollaro; problemi di politica interna in Malesia.
Il ringgit ha cedo -3,8% contro il dollaro la scorsa settimana, dopo la dichiarazione del governatore della Banca centrale, Akhtar Aziz, che giovedì scorso ha detto che sarà renecessario ricostituire le scorte di riserve valutarie estere, dopo il loro crollo sotto il valore di $100 miliardi per la prima volta dal 2010.
Aziz si è rifiutata di introdurre misure come controlli di capitali, a cui la Malesia – ricorda Bloomberg – ricorse 17 anni fa, per arginare i violenti smobilizzi sulla valuta.
L’allora premier Matathir Mohamad diede la colpa agli attacchi speculativi provenienti da diverse parti del mondo, così come al finanziere George Soros, definendolo un “imbecille”. Soros contribuì infatti al tracollo della moneta, con forti smobilizzi.
“Il crollo (del ringgit) sta riportando alla memoria gli attacchi dei fondi speculativi nella crisi del 1997/1998 – ha commentato intervistato da Bloomberg Chua Hak Bin, economista presso Bank of America Merrill Lynch a Singapore – Non riteniamo probabili i controlli di capitali, ma non possiamo escluderne il rischio, visto il rapido deterioramento delle riserve straniere”.
Il ringgit è la valuta che ha perso di più rispetto a quelle asiatiche nel corso dell’ultimo anno, perdendo -24% del suo valore, scontando anche alcuni scandali politici. Il tonfo è il peggiore dal -30% che si verificò nei 12 mesi precedenti all’imposizione di controlli di capitali, nel settembre del 1998, da parte dell’allora premier Mahathir.
Ora alcuni investitori temono che si stia ripetendo lo stesso esodo di investimenti dalla Malesia. La moneta è scivolata fino al minimo in 17 anni, a 4,1340. Molto male anche l’indice azionario di riferimento, che ha chiuso attorno ai minimi dal 2012, a fronte di un balzo dei tassi sui bond sovrani decennali al record in 18 mesi.
Smobilizzi da parte degli investitori stranieri, che hanno ridotto l’esposizione sui bond sovrani e corporate del 2,4% a luglio a 206,8 miliardi di ringgit (l’equivalente di $50,2 miliardi), al minimo dall’agosto del 2012.
(Lna)