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“Tra Aids e Hiv nessun legame”: scontro sulla teoria negazionista

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Roma – “Non ci sono ancora prove che l’HIV causi l’AIDS”. La pubblicazione di uno studio già ritirato nel 2009 a causa delle proteste, e riapparso di recente in una rivista scientifica italiana, l’Italian Journal of Anatomy and Embryology (IJAE) sta creando dibattito nella comunità scientifica.

L’articolo, intitolato AIDS since 1984: No evidence for a new, viral epidemic – not even in Africa, è stato scritto da un team di ricercatori capeggiati da Peter Duesberg dell’Università di Berkeley in California. Duesberg è un nome noto proprio in quanto principale sostenitore delle posizioni “negazioniste” sull’origine dell’AIDS.

Tre anni fa lo stesso studio venne ritirato dalla rivista che lo aveva pubblicato, Medical Hypotheses, a seguito dell’ondata di critiche ricevute. La ritrattazione avvenne non solo per la scarsa qualità dello studio, che fu rivalutata con risultati molto negativi da una commissione di esperti, ma anche perché le opinioni che conteneva sono “potenzialmente dannose per la salute pubblica”. Infatti le teorie secondo cui l’AIDS non sarebbe causato dal virus HIV sono osteggiate da tutti i principali ricercatori del settore ed esperti di politiche mediche.

Lo studio di Duesberg sostiene che in una fase di altissima diffusione dell’HIV in Africa, tra il 2000 e il 2005, la mortalità della popolazione sudafricana non sarebbe aumentata, e che anche oggi non ci sarebbero evidenze di una epidemia fatale di AIDS. L’articolo pubblicato dall’IJAE si conclude con l’affermazione che la contestata decisione del Sudafrica di non accettare di usare i farmaci antiretrovirali comunemente utilizzati per la lotta all’AIDS “ha probabilmente salvato delle vite”.

Di tutt’altro parere Nathan Geffen, della campagna sudafricana Treatment Action Campaign, che ha dichiarato alla rivista Nature che “l’articolo è insensato e non avrebbe dovuto passare la peer review (il processo di controllo che garantisce la correttezza di uno studio scientifico, ndr.). La tesi che l’HIV non causi l’AIDS non ha alcuna credibilità scientifica”.

Nel 2009 a farne le spese fu anche il direttore della rivista Medical Hypotheses, Bruce Charlton, che venne licenziato dall’editore per essersi opposto all’introduzione di un sistema di controllo indipendente. In questo caso l’articolo è stato rifiutato da ben quattro riviste scientifiche prima di venire approvato dall’Italian Journal of Anatomy and Embryology.

La pubblicazione è stata accettata dopo una peer review effettuata tra gli altri da Paolo Romagnoli, direttore della rivista e professore ordinario presso l’Università di Firenze. Romagnoli, interpellato dal fattoquotidiano.it, evidenzia come la rivista non abbia modo di dubitare che i dati dello studio siano stati falsificati e per questo ha ritenuto di pubblicare l’articolo. “Ipotesi considerate ‘eretiche’ – aggiunge Romagnoli – purché con qualche fondamento in dati empirici, hanno un ruolo nella ricerca scientifica nella misura in cui richiamano l’attenzione su dati di fatto non ben chiariti dalle teorie del momento e sollecitano a perfezionarle: non a sovvertirle, se non eccezionalmente, ma appunto a perfezionarle”.

Il “negazionismo” sul legame tra HIV e AIDS è considerato un problema poiché fornisce alle istituzioni di alcuni paesi una giustificazione per non mettere in atto politiche sanitarie adeguate. Sin dalla scoperta della malattia negli anni 80, voci dissidenti e complottiste hanno contestato il legame tra HIV e AIDS sostenendo teorie secondo le quali l’HIV non esiste o è inoffensivo, oppure che la malattia sia causata da farmaci e altri fattori.

La comunità scientifica ha risposto più volte: nel 2000 con la Dichiarazione di Durban, sottoscritta da 5000 ricercatori tra cui 11 premi Nobel, per sostenere che le tesi negazioniste sono infondate e pericolose e che il legame tra HIV e AIDS è provato scientificamente. Tuttavia, oggi il supporto politico a queste tesi (su Wikipedia se ne possono trovare diverse) come quello del governo sudafricano negli anni 2000, è molto raro e quindi i critici sostengono che il nuovo articolo di Duesberg, pubblicato tra l’altro su una rivista minore, non avrà conseguenze significative.

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