Società

Tremonti implora la Bce di tener conto della finanza privata

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Bruxelles – L’Italia ha ufficialmente chiesto alla Banca Centrale Europea di studiare le condizioni delle finanze del settore privato di ciascun paese membro. Lo ha detto in una conferenza stampa con i giornalisti a Bruxelles il ministro dell’Economia e delle Finanze dell’Italia Giulio Tremonti.

Nessuno in Europa vuole seguire la tesi italiana, chiaramente insulsa visto che risparmio privato e debito pubblico sono due grandezze non omogenee e non costituiranno mai quei vasi comunicanti che Tremonti auspica, come sa anche uno studente al primo anno di Economia o meglio ancora ha passato l’esame di Scienza delle Finanze.

Nonostante nessuno lo stia a sentire, per farsi bello nel paese e soprattutto sulle tv controllate dal governo (Libero e Giornale insieme non vendono piu’ di 200.000 copie, quindi contano come il 2 di picche) il ministro dell’Economia continua a cercare di presentare l’Italia come un paese piu’ ricco di quel che e’.

L’intento e’ di far approvare ai nostri partner Ue o in sede Bce una qualche misura di emergenza, relativa all’esplosione dei debiti sovrani in stile Grecia e Irlanda, che nel calcolare l’esposzione dei paesi piu’ indebitati (Italia e’ staccata al primo posto con un rapporto debito/pil vicino al 120% nel 2011) consenta di scalare dall’enorme buco del debito pubblico italiano (2,5 trilioni di dollari a fine dicembre 2010) il risparmio privato, e cioe’ i bot, btp e cct e chissa’ mai eventualmente anche le proprieta’ immobiliari in mano alle famiglie.

Ma diciamo la verita’, a parte il fatto che preoccupa non poco questa subdola manovra di Tremonti che puzza lontano un miglio di patrimoniale in preparazione, la domanda di base e’: chi di noi cittadini direbbe mai si’ al salvataggio del debito pubblico creato e ingigantito (e’ al record storico) da questo Stato e questa Casta di politici irresponsabili che spendono e si arrichiscono senza ritegno alle nostre spalle? La risposta e’: nessuno di noi metterebbe mai un euro nostro o “privato” per salvare voi politici dal collasso. Ministro, lasci perdere: e’ sconfitto in partenza. E pensare che lei e’ il migliore in assoluto del governo e gode perfino delle nostre simpatie. (l.c.)

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Ultimo telegramma dall’Europa – dal blog di Beppe Grillo

In marzo, insieme alle rondini e alla primavera, arrivano le cambiali europee e l’ultimo telegramma da Bruxelles. Francia e Germania, che posseggono 700 miliardi di euro del nostro debito, per continuare a sostenere i titoli pubblici italiani chiedono un piano di rientro nei parametri di Maastricht per portare il rapporto tra il debito pubblico lordo e il Pil al 60%. Il rapporto attuale è quasi il doppio, circa il 120%. Il Pil è al palo. Non cresciamo.

In 10 anni l’unico Paese a far peggio dell’Italia nel mondo è stato Haiti. Il debito va al galoppo, a botte di 100 miliardi di euro in più all’anno. Se il Pil non cresce e il debito pubblico è arrivato a 1.870 miliardi, c’è un solo modo per rientrare: ridurre il debito di circa 900 miliardi. Il dilemma è quindi: “Debito o default?”. L’Europa non può permettersi un nostro default, rischierebbe di crollare come un castello di carte. I titoli italiani in mano alla Francia equivalgono al 20% del Pil francese e con un default diventerebbero carta straccia. La cosiddetta “ristrutturazione” del debito di cui si discute non è altro che il quasi azzeramento del valore del titolo. Un po’ come quando viene “ristrutturata” un’azienda per mandare tutti a casa.

Se il default è un frutto proibito, resta solo la riduzione del debito. Supponiamo di fare un piano decennale con una rata di tagli di 90 miliardi annui. Una manovra da far tremare la triade Dracula, Attila e Amato. Supponiamo che la manovra sia inevitabile. L’unica domanda che ci resta allora è: “Come si fa?”. Nel 2010 Tremorti tagliò la spesa di “soli” 25 miliardi, scatenando proteste sociali. Un filotto decennale a botte di 90 miliardi (ma anche di 40) non se lo può permettere nessun governo, ma questa volta è inevitabile.

Tremorti equipara il debito pubblico al risparmio privato, da quando lo ha detto i capitali hanno cominciato ad emigrare. Topo Gigio Veltroni (9.000 euro di pensione) ha lanciato la patrimoniale chiedendo un sacrificio a chi le tasse le ha sempre pagate fino all’ultimo euro. Dal suo grido di dolore (dei risparmiatori) al Lingotto debenedettiano altri capitali hanno varcato velocemente la frontiera.

Sembra di essere di fronte a un problema impossibile, senza soluzioni. Invece, come direbbe il dottor Spock di Star Trek: “C’è sempre un’alternativa”. Ogni anno l’evasione ammonta a più di 100 miliardi di euro, l’inefficienza amministrativa (inclusi raddoppi di competenze, enti inutlii, stipendi faraonici) vale almeno altri 50 miliardi, la corruzione, che moltiplica il costo dei lavori pubblici, vale circa 60 miliardi. Un calcolo prudente ci consente di disporre di un attivo tra maggiori entrate e minori spese di 150 miliardi all’anno. Ne avanzano 60 all’anno (da investire in innovazione e ricerca), dedotti i 90 necessari per non naufragare. E’ un obiettivo possibile, ma solo con un completo ricambio della classe politica. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.