Duemila industriali in corteo, ieri dopo l’assemblea di Unindustria, guidati da Emma Marcegaglia, Alessandro Vardanega e Andrea Tomat. Una protesta silenziosa, l’hanno definita, contro l’assenza di politiche per lo sviluppo.
Comincia con un pugno alla Lega, nel cuore del sua roccaforte, l’assemblea degli industriali trevigiani. Il presidente Alessandro Vardanega chiama l’Inno d’Italia e tutti si alzano in piedi. Persino il governatore Luca Zaia (che però non lo canta) e il vicesindaco Giancarlo Gentilini, che sull’inno non ha mai avuto incertezze.
Poi, al termine dell’assemblea, il momento più atteso: la marcia silenziosa degli imprenditori trevigiani dallo stadio di rugby di Monigo alla nuova Area Appiani, in testa il presidente nazionale Emma Marcegaglia accompagnata da Andrea Tomat e Alessandro Vardanega. Il ministro Maurizio Sacconi, che alla camminata non partecipa, evoca quella dei quarantamila a Torino contro il terrorismo e azzarda un giudizio non proprio fortunato: «E’ una marcia contro la Cgil».
Ma i duemila imprenditori che sfilano lungo i due chilometri di viale Europa non pensano né a Pomigliano né alla Cgil: «Abbiamo votato per questo governo ma non ci stiamo più: i risultati sono troppo scarsi e anche la Lega sta deludendo. Adesso tocca a noi imprenditori dare il segnale che bisogna cambiare e anche in fretta».
Si sfilano un po’ di big – Gilberto Benetton, Gianfranco Zoppas, Mario Moretti Polegato, Stefano Beraldo se ne vanno un po’ prima – ma gli altri ci sono tutti. Lasciano le loro auto nel parcheggio e si sciroppano la strada, graziati da una violenta grandinata che un paio d’ore prima aveva persino interrotto l’assemblea.
Ed è un fiume di rabbia contro il governo Berlusconi, cui gli imprenditori trevigiani non credono più. Renzo Dametto, che produce i tortellini Dalì, descrive bene la situazione: «L’idea della marcia è buona. Almeno ha il merito di muovere le acque perchè abbiamo esaurito la pazienza. Se sono col governo? No, sto con il presidente Vardanega. Perchè io sono tra quelli che aveva creduto a questo governo, ma ora non più. Non ha fatto abbastanza».
Tra i partecipanti è un crescendo di giudizi negativi. Aggiunge Massimo Tonello di Oderzo: «E’ una marcia silenziosa. E il silenzio è molto eloquente. Questo è un segnale alla politica: siamo uniti e vogliamo cambiare le cose perchè così, è inutile nascondercelo, non si va da nessuna parte».
Lo stesso commento di Gianni Sartor, di Computer srl di Susegana: «Serve a sbloccare la situazione. Il governo poteva fare molto, ma molto di più. Per carità, c’è stata la grave crisi, ma mi sembra che abbiano perso tempo a litigare invece che a governare».
Vincenzo Papes, imprenditore medico: «In Italia ci vuole meno Stato e più impresa. Pensavo davvero che questo governo facesse di più, all’inizio ci avevo creduto pure io. Anche la Lega ha perso la spinta, a mio parere. Purtroppo manca ancora l’alternativa e la sinistra non riesce ad aggregare abbastanza». Il costruttore Silvano Armellin di Conegliano: «Questa marcia non è la soluzione ma almeno un contributo. Noi, del resto, siamo abituati ad arrangiarci, a fare le cose da soli».
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TREVISO – Nella provincia più leghista d´Italia (45 per cento delle preferenze alle elezioni di due settimane fa) si sono alzati in piedi in tremila per ascoltare l´inno di Mameli. E già questa sarebbe notizia. Ancor di più perché è accaduto davanti a un impassibile Luca Zaia, governatore della regione e leader del Carroccio nel Veneto. Ma i quasi tremila imprenditori che ieri hanno animato l´assemblea annuale dell´associazione degli industriali di Treviso, una delle prime per numero di iscritti e per peso specifico, non si sono limitati a prendere le distanze dalla politica locale.
Ieri, sfilando a piedi per un paio di chilometri, dal tendone allestito allo stadio del rugby fino alla nuova sede dell´associazione disegnata dall´archistar Mario Botta, hanno voluto prendere le distanze anche da quel centrodestra che negli ultimi tre anni hanno appoggiato con convinzione, ma da cui ora si sentono traditi. Una sorta di marcia di allontanamento da chi – ai loro occhi – ha mancato l´appuntamento a cui tenevano di più, quello con le riforme, a cominciare dal fisco, dalla burocrazia e dalla semplificazione amministrativa.
«La nostra sarà una marcia silenziosa e simbolica, per dimostrare che gli imprenditori, sanno camminare con le proprie gambe, di contare sulle proprie forze» ha annunciato dal palco il presidente Alessandro Vardanega, un medio imprenditore del settore costruzioni (la sua è una fabbrica di coppi e tegole), che ha così dato la sua versione del «siamo pronti a batterci fuori dalle imprese» annunciato solo ventiquattro ore prima dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
La quale, ieri pomeriggio, sfidando un acquazzone violento – che si attenuato giusto in tempo per il corteo – ha sfilato a sua volta alla guida del serpentone di industriali trevigiani, Non prima di aver chiarito che la sua uscita all´assemblea di Roma «non significa un mio ingresso in politica». E non prima di essersi tolta qualche sassolino dalle scarpe: «Se c´è qualcuno che pensa che mi dimetta prima della fine del mio mandato si sbaglia. Manca ancora un anno e finché starò qui lo farò con i miei modi».
Ma ieri, non era la sua giornata, ma quella degli imprenditori che, forse, più di altri hanno rappresentato per anni il modello del Nord-est. E che hanno voluto con un gesto eclatante, mostrare al Paese tutto la loro delusione. Lo ha fatto per tutti il presidente Vardanega, ma lo hanno ripetuto le singole voci durante la sfila per i vialoni della periferia di Treviso.
Se il giorno prima Marcegaglia aveva detto che la politica ha perso «dieci anni di tempo», il numero uno degli industriali di Treviso ha parlato di «un Paese che non cresce da 15 anni». Di una «diffusa frustrazione per la permanente incertezza e per il peso di fare impresa in una realtà troppo spesso ostile». Ma se l´è presa anche con il federalismo: «Non deve diventare soltanto una ripartizione su base territoriale di imposte che già corrispondiamo e che gli enti locali avranno la possibilità di aumentare».
A difendere l´operato del governo ci ha provato in tutti i modi il ministro Maurizio Sacconi, che qui è di casa essendo nato a Conegliano Veneto, e che pure gli industriali trevigiani hanno detto di aver apprezzato per quanto ha fatto al Welfare: «Condivido la protesta contro chi blocca le imprese, anche le borghesie nel loro piccolo si incazzano». Per cercare si smussare i toni della protesta avrebbe chiesto di partecipare alla marcia, ma gli è stato risposto che non era proprio il caso.
Del resto Vardanega, pur senza citarlo mai, ha sparato un paio di riferimenti che si possono anche leggere come la delusione per il leader che più li ha delusi, il premier Silvio Berlusconi, ma anche per la politica più in generale degli ultimi anni: «Siamo stanchi dei troppi programmi televisivi nei quali ogni sera va in scena il disprezzo dell´avversario e la negazione del confronto. Non si può subordinare ogni decisione ai sondaggi o i gradimenti della piazza. I veri leader politici, così come gli imprenditori esistono proprio per innovare rischiando». Ma, forse, parlavano già del prossimo a cui affideranno le loro speranze di riforme. (articolo di Luca Pagni)
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