Il giorno dopo la pubblicazione da parte dell’Istat dei dati sul Pil italiano del quarto trimestre 2018, che hanno certificato l’ingresso dell’economia italiana in recessione, il ministro dell’economia Giovanni Tria prova a rasserenare gli animi:
“Non ci sono motivi di drammatizzare perché stiamo parlando di un lieve segno negativo su due trimestri”, ha detto ieri nella serata americana da New York.
Il riferimento, fatto a margine di un evento di cui è stato protagonista alla Columbia University, è al fatto che il Pil italiano si sia contratto per il secondo trimestre consecutivo dopo il -0,1% del periodo luglio-settembre.
Per Tria, una cosa è che ci sia come ora una recessione tecnica e “un’altra che ci sia una recessione forte e prolungata”. Stando al ministro, lo status attuale dell’economia italiana è “causato solo da fattori internazionali. Nessuno osservatore internazionale vede questo scenario [di recessione prolungata]. Anzi. Gli ultimi indicatori dicono che sembra che la fase di discesa della domanda, dovuta anche ad aspettative negative sul commercio internazionale, si sta esaurendo”.
“Sono dati che ci aspettavamo. Ci aspettavamo in -0,1% e non un -0,2% ma siamo in questo ordine di cose”. Ora la ricetta, ha concluso, passa attraverso il “rilancio degli investimenti pubblici, tutti. Non c’e’ da scherzare, da giocarci intorno. Serve applicare le misure per sostenere la crescita”.
In un contesto di debolezza, Tria esclude l’adozione di una politica economica restrittiva, considerata “un suicidio”.
“Neanche la Commissione europea lo chiede in questo caso. Anzi. Si creano spazi per ampliare il cosiddetto output gap per fare più deficit. Ma noi non vogliamo fare più deficit perché vogliamo rispettare l’obiettivo del debito”.
Secondo la Repubblica intanto, l’ingresso dell’economia italiana in recessione avrebbe riacceso le polemiche tra il governo e Bruxelles. Il vicepresidente dell’esecutivo Ue, il lettone Valdis Dombrovskis avrebbe commentato i dati affermando:
“Come temevamo, l’impatto dell’incertezza delle politiche economiche sulla fiducia delle imprese e sulle condizioni finanziarie sta diventando rapidamente visibile”. L’accusa diretta alla politica economica sarebbe nel “non detto”, riporta il quotidiano.
Intanto, l’ipotesi di una manovra bis tra i 4 e i 7 miliardi diventa sempre più possibile. Ipotesi che comunque non vedrebbe la luce prima di giugno. È allora che, con l’assestamento di bilancio, il governo giallo verde verificherà gli effetti delle due misure di spesa più rilevanti della manovra: quota 100 e reddito di cittadinanza, che ammontano rispettivamente a 4,5 e 4,9 miliardi.
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