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Trichet confonde i mercati. E che brutto colpo per l’euro

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(WSI)- Ieri mattina abbiamo visto forte volatilità sull’euro, sfociata in una rottura a ribasso di tutti i punti tecnici, come vedremo in seguito. Quello che ci sembrava il tipico movimento da “buy the rumor”, sell the news!”, si è rivelato invece un clamoroso flop.

Solitamente, quando le aspettative degli operatori e degli analisti sono sbilanciate a favore di una previsione che dovrebbe far salire/scendere un rapporto valutario, è possibile che, prima dell’annuncio della notizia o dato che sia, parta un movimento contrario a quello che il mercato si aspetta poter derivare dalla pubblicazione della news, per poi, effettivamente, vedere le quotazione andare nel verso previsto.

Si può ottenere così la possibilità di, o ottenere un doppio profitto per chi ha creduto in questa possibilità sin dall’inizio o di cavalcare l’onda del movimento partito dopo aver reso pubblico il dato. Ebbene, ieri la maggior parte degli analisti stimava un tono molto più hawkish da parte del presidente della BCE (compresi noi di FXCM Italy), ma esso è risultato molto più pacato e controllato.

Sappiamo infatti come nelle ultime settimane si fossero inaspriti i toni a riguardo dell’inflazione europea, che si è attestata nel mese di novembre al 2.2% mentre a quello di dicembre al 2.4%, che sappiamo essere un territorio sopra il confine di tolleranza del 2% fissato dalla BCE, facendo si che qualcuno si esprimesse anche a favore di un rialzo dei tassi nei prossimi mesi.

Questo ha fatto salire le aspettative di poter ascoltare ancora parole supportive a questa idea, ma ciò non è successo, i toni sono stati, come detto, molto più rilassati. Questo significa che l’inflazione scenderà velocemente? No. Sappiamo infatti che questi aumenti delle pressioni inflattive sono in larga parte dovuti all’aumento del prezzo dell’energia, del petrolio e delle commodities in generale, ma tali innalzamenti sono di breve periodo secondo Trichet.

EurUsd – grafico 240 minuti

La BCE continuerà infatti a monitorare l’andamento dei prezzi, che in base alla stima del loro andamento, potrebbero far sì che l’inflazione si mantenga sopra la soglia del 2% per “quasi tutto il 2011” e si potrà assistere ad un suo rientro alla base soltanto nella seconda parte dell’anno. Il problema è che, come ribadito più volte ieri dal numero uno dell’istituto di Francoforte, quello che conta nelle decisioni di politica monetaria non sono i livelli nominali di inflazione di breve periodo, bensì le aspettative sull’inflazione di medio/lungo termine.

Aspettative di chi? Della Banca Centrale o degli operatori. Sicuramente contano molto di più quelle di chi sul mercato opera, in quanto in base alle proprie attese verranno prezzate curve dei tassi e quant’altro, ma altrettanto sicuramente il fatto che una Banca Centrale risulti credibile agli occhi dei mercati, può riuscire a pilotare le loro attese, riuscendo ad ottenere degli effetti reali sui mercati, come conseguenza.

Bene, queste aspettative sono state descritte come “fortemente ancorate” ed è stato ribadito il fatto che la BCE è sempre stata con un livello di credibilità molto alto. Inoltre, si è esclusa, allo stato dell’arte attuale, la possibilità di assistere ad un secondo round inflazionistico. Il risultato di tutto ciò è chiaro, e tecnicamente lo analizzeremo tra poche righe.

Concentriamoci ora sulla giornata che andremo a vivere oggi perché potenzialmente potrebbe essere volatile quasi come quella di ieri. Chiaramente facciamo riferimento alla pubblicazione dei Non Farm Payrolls. Sarà importante valutare sia il dato nuovo, sia la rivisitazione di quello precedente. Ricordiamo che il mese scorso sono stati creati, secondo le rilevazioni, 103.000 posti di lavoro nel settore privato non agricolo, mentre le attese di mercato si attestano a 140.000 per il primo mese dell’anno.

Nel caso in cui il dato disattenda questo risultato (magari con l’aggravante della rivisitazione a ribasso del dato riguardante il mese di dicembre), potremmo assistere ad un indebolimento del dollaro americano in quanto non crediamo che un dato negativo possa sfociare attualmente in grossi aumenti di avversione al rischio, che avrebbero, di contro, potuto portare salite di green back, acquistato in quanto valuta rifugio.

Anche nel caso in cui il dato si attestasse intorno ai valori predetti però, non sarebbe una buona indicazione circa la ripresa dell’economia americana, perché siamo arrivati al al momento in cui si rendono necessari dei numeri molto più grandi, affinchè essa avvenga ad un ritmo, non diciamo rispettabile, ma per lo meno decente.

Se così fosse, le possibilità che il dollaro scenda in misura minore rispetto al primo scenario prospettato, dipendono da come il mercato interpreterà una pubblicazione del genere. Se la pensa come noi, la discesa potrebbe esserci, anche se non molto accentuata. Se invece crede che la situazione di stagnazione dell’occupazione è ormai “normale” e che il momento per assistere a forti nuove assunzioni sia ancora lontano, è possibile che dopo la volatilità che ci sarà alle 14.30, non partano movimenti direzionali particolari..

Vediamo si seguito qualche dettaglio tecnico per quest’ultima giornata della settimana.

Abbiamo già visto il perché l’euro abbia invertito la rotta, ora cerchiamo di capire cosa potremmo attenderci come livelli più importanti. La rottura di 1.3750 ha di fatto reso più nervoso il mercato, lo si è visto dalla volatilità ribassista che si è venuta a creare, scombinando le carte e facendo temere per il movimento favorevole all’euro dell’ultimo mese.

Affinché questo momento di correzione dell’euro non acceleri oltre appare d’obbligo che i prezzi non giungano al di sotto di quella è che divenuta la più importante area di supporto delle ultime due settimane, 1.3565: questa non è esclusivamente suggerita da una coincidenza di minimi relativi precedenti (25 e 31 gennaio), ma anche dal transito perfetto per le prossime ore della media mobile sul lungo periodo, osservando un grafico con candele a 4 ore. Nell’immediato 1.3650 e, ovviamente più in la, 1.3750 sono i due livelli che qualora superati farebbero tornare i compratori di euro sul mercato.

Pochi spunti nuovi per il dollaro nei confronti dello yen. C’è stato a dire il vero un veloce ritorno dei prezzi al di sopra della resistenza più volte indicata a 81.90 (per la precisione di 10 pips), ma di fatto i prezzi sono rientrati immediatamente nell’area mantenuta negli ultimi giorni, per cui il livello di resistenza pensiamo possa essere utilizzato anche per le prossime ore. Guardiamo a 81.30 con attenzione, trattandosi del punto di minimo raggiunto alcune volte dal cambio negli ultimi giorni.

Ancora una volta il forte legame con l’euro ha condotto il cambio EurJpy ad una rapida discesa. Si è allontanato di parecchio, senza essere stato superato, il livello più importante di resistenza, 112.70, mentre si è avvicinato un altro livello che certamente ricorderemo dalle analisi passate, 111 figura: su questo livello sono concentrate le ultime speranze di tenuta del cambio prima di uno scivolone a ricercare nuovamente livelli inferiori a 110.

Vediamo ora il cable, che per 20 pips ieri non è riuscito a giungere al livello atteso di 1.63. La diffusa ripresa di dollari non ha permesso al cambio lo sprint finale ed ha anzi condotto il cambio in discesa di una figura abbondante. Se osserviamo il grafico delle ultime ore notiamo con chiarezza come i prezzi si siano più volte appoggiati nei pressi di 1.6120, che con l’ausilio della media che transita a 1.6105, diventa l’area a cui affidarsi per sperare in un ritorno in forze della sterlina ed un completamento della tendenza, che nonostante le correzioni comunque permane rialzista, evidenziata nell’ultimo mese.

Niente da fare per l’euro: la rottura di 0.8520 ha permesso un veloce movimento di apprezzamento di sterline che ha saltato a pie pari anche l’intermedio livello di supporto a 0.8475. Non rimane che affidare le ultime speranze di ripresa del cambio al 61.8% di ritracciamento del movimento rialzista, compreso fra 0.8285 e 0.8670, per la precisione 0.8425.

Il cambio UsdChf è riuscito a portarsi verso la parte alta dell’area mantenuta dagli scambi negli ultimi giorni, 0.9480: nonostante questa sia stata superata per qualche momento ieri continuiamo a considerarla valida come prima area di resistenza.

Concludiamo con l’euro nei confronti del franco, dove abbiamo osservato il test, a distanza di un giorno, del minimo posto a 1.2870, confermandoci così come il mercato senta questo come primo livello di supporto. L’individuazione della resistenza è lavoro più complesso perché la veloce discesa del cambio non ha lasciato indicazioni di supporti. Crediamo che, seppur lontana, l’area compresa fra 1.30 e 1.3060 rappresenti l’indicazione migliore.

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