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Trise, la nuova tassa sulla casa. Tutti i dettagli

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ROMA (WSI) – Alla fine il ballo del mattone ha partorito la Trise, traducibile in Tassa rifiuti e servizi, che farà un sol boccone di un tris di imposte, mandando in soffitta Imu sulla prima casa, Tares sui rifiuti e la tanto annunciata service tax, che nelle aspettative almeno di un’ala del Pd avrebbe dovuto reintrodurre una progressività dell’imposta immobiliare rispetto al reddito.

Una specie di “patrimonialina” della quale invece non c’è più traccia nella Trise, che come si legge nella bozza della Legge di stabilità «si articola in due componenti: la prima a copertura dei costi per la gestione dei rifiuti solidi urbani (Tari); la seconda, a fronte dei costi relativi ai servizi indivisibili dei Comuni (Tasi)».

I due spezzoni dell’imposta si pagheranno insieme. Probabilmente in quattro rate a gennaio, aprile, settembre e dicembre, anche se nella bozza i termini di pagamento non sono ancora specificati.

Ma cosa si pagherà? Partiamo dai rifiuti. Le tariffe saranno fissate dai comuni ma dovranno in ogni caso coprire totalmente il costo del servizio smaltimento rifiuti. Cosa che con l’attuale imposta non avviene. Ergo in parecchi comuni si pagherà di più. Anche se, è bene dirlo subito, nel complesso la Trise costerà circa 2,3 miliardi in meno di Imu e Tares sui rifiuti sommate insieme perché 2 miliardi sono stati coperti dal Governo.

La componete rifiuti sarà dovuta anche dagli inquilini e i comuni, in base al principio «chi inquina paga» sancito da una direttiva europea, potranno anche commisurare la tariffa alle quantità e tipologie di rifiuti prodotti.

Ossia far pagare di più le famiglie numerose o chi svolge attività che producono parecchi rifiuti, come la ristorazione. «Nella modulazione della tariffa – è scritto nel testo – sono assicurate riduzioni per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche». La Tasi diventa poi mini se il servizio di raccolta rifiuti non viene svolto o è interrotto per motivi sindacali. In questi casi si deve solo il 20%. Sconti sono previsti anche per case abitate da single, o da persone che ci vivono per periodi inferiori a sei mesi l’anno e per i fabbricati rurali ad uso abitativo.

La Tasi sui servizi indivisibili, cose come illuminazione e strade, sarà dovuta dai proprietari e da una quota tra il 10 e il 30% anche dagli affittuari. La decisione spetterà ai Comuni che potranno stabilire anche quale base imponibile utilizzare per far pagare l’imposta. Nelle grandi città si pagherà quasi sicuramente l’1 per mille della rendita catastale rivalutata del 65%, così come per l’Imu.

Questo perché in media nei centri maggiori le rendite sono più alte. Nel piccoli comuni si pagherà probabilmente minimo un euro al metro quadro. Le amministrazioni locali potranno poi decidere se esentare completamente o meno le prime case dalla Tasi, che di fatto per le abitazioni principali sostituisce l’Imu.

I comuni potranno aumentare tanto l’1 per mille che l’euro al metro, ma c’è una clausola di salvaguardia per i contribuenti, dove è previsto che il gettito Tasi e Imu non deve eccedere l’aliquota massima di quest’ultima maggiorata dell’uno per mille, ossia non deve varcare la soglia del 7 per mille quando l’imposta grava sulla prima casa e del 11,6 per mille sulle seconde.

Il servizio politiche del territorio della Uil ha fatto a caldo delle simulazioni e per un appartamento signorile classificato in A2 di 80mq la quota servizi della nuova tassa comporterà un esborso di 198 euro a Roma, di 250 a Milano, 217 a Torino, 269 a Bologna, solo 88 a Palermo. Con la tariffa di un euro/mq in provincia si pagherà invece 112 euro ad Asti e 109 a Savona.

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