Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha incaricato il suo staff di dare gli ultimi ritocchi al maxi piano di taglio fiscale che dovrebbe essere annunciato domani. Secondo le indiscrezioni stampa i consulenti della Casa Bianca hanno ricevuto l’ordine di imporre una riduzione della corporate tax al 15%, anche se questo vorrebbe dire una perdita notevole di entrate tributarie nelle casse federali.
Secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, Trump avrebbe fatto l’annuncio durante un meeting allo Studio Ovale della Casa Bianca la settimana scorsa, con il quale pare abbia dato mandato ai suoi di varare una manovra di taglio fiscale massiccio da “vendere al pubblico” americano, sottolineando che per lui è di poca importanza se questo vorrà dire aumentare il deficit di bilancio federale.
Questo vuole anche dire che Trump e il segretario del Tesoro Steve Mnuchin non manterranno la promessa fatta per il varo di una misura neutra dal punto di vista dell’impatto sul debito pubblico che non avrebbe inciso sul gettito fiscale. Il portavoce della Casa Bianca non ha confermato le indiscrezioni stampa pubblicate dal Wall Street Journal. Secondo Reuters, che cita un funzionario dell’amministrazione Usa, il piano di Trump prevede anche un incremento delle deduzioni fiscali standard sul reddito che i cittadini potranno chiedere.
Se tutto questo fosse vero, il deficit sarebbe destinato a crescere e di conseguenza una parte del Congresso a maggioranza Repubblicana potrebbe fare ostruzione. Durante la sua campagna elettorale Trump aveva assicurato che avrebbe ridotto a zero il debito statunitense in otto anni. È ovvio che anche con una riforma dell’Obamacare questo non sarebbe possibile con un tale bazooka fiscale e visto il maxi piano di investimenti nelle infrastrutture previsto.
Bazooka fiscale di Trump in forse: manca sostegno politico
La più importante riforma fiscale dai tempi dell’amministrazione Reagan ha chance di essere approvata al Congresso soltanto se non porterà a un incremento del debito. Ma il governo ha già fatto sapere che è pronto a tutto pur di favorire le imprese. Se Trump dovesse abbandonare l’idea di varare una misura neutrale dal punto di vista del gettito fiscale e del deficit, il passaggio del testo richiederebbe con ogni probabilità la collaborazione con alcuni senatori e deputati della sponda Democratica. Nemmeno i Repubblicani peraltro sono compatti.
Potrebbe essere molto problematico ottenere l’appoggio dell’Opposizione, come si è visto anche con il tentativo di riforma del sistema di assistenza sanitaria. In passato la Commissione del Congresso sulle Tasse ha stimato che per ogni punto percentuale che viene levato dall’aliquota della corporate tax, il gettito fiscale federale si riduce di 100 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni.
Se Trump chiederà una riduzione del 20%, i calcoli sono presto fatti: in dieci anni il governo statunitense perderebbe 2mila miliardi di dollari di entrate tributarie. Anche con le riduzioni di bilancio important proposte da Trump a tutta una serie di agenzie federali come Epa, Trasporti, Istituto Nazionale della Salute e altri programmi dipartimentali, è virtualmente impossibile trovare la quadratura del cerchio.
Ciò, secondo il quotidiano finanziario, “rende difficile se non impossible per i Repubblicani il passaggio di un taglio fiscale finanziato con il deficit” anche perché ci sarebbe bisogno dell’appoggio dei Democratici nel Senato. Il partito è tuttavia contrario a una riduzione maggiore delle tasse per le aziende, come ricorda il Wall Street Journal, “in particolare in un momento in cui Trump propone tagli ai programmi del governo a cui i Democratici tengono come immobiliare, arte e ambiente”.
JP Morgan: passaggio al Congresso “virtualmente impossibile”
Il rischio che corre Trump è grosso se si tiene conto del fatto che l’estensione del piano di bilancio non è ancora stata approvata e che la prossima settimana si rischia l’interruzione delle attività federali meno importanti (shutdown). Trump vorrebbe investire milioni di dollari nella costruzione di una barriera al confine messicano (che il suo staff chiama ‘muro’) e idealmente vorrebbe che la misura venga inclusa nell’estensione del budget. Ma su questo punto i Democratici non faranno concessioni. Sembra dunque che il presidente si sia convinto a fare marcia indietro e non chiedere un tale esborso economico.
Come nel caso della proposta di legge per riscrivere il controverso programma di assistenza medica ancora vigente, Trump rischia di fare i conti anche stavolta con le difficoltà che impone la vita politica, caratterizzata da estenuanti trattative e scambi di favori, e non da ordini a senso unico. Trump dovrà scendere a patti e fare anche lui concessioni se non vorrà subire un altro flop dopo l’Obamacare e vedersi costretto a rinunciare ai suoi ambiziosi piani pro azienda e pro crescita.
Lo speaker della Camera Paul Ryan ha fatto sapere che le discussioni avute finora sulla riforma fiscale “sono andate bene”, ma gli analisti non sembrano credere nelle possibilità che la riforma venga approvata, per lo meno non nella forma con la quale è stata annunciata sin qui.
Robin Bew, CEO dell’Economist Intelligence Unit, dubita che Trump sarà in grado di ottenere l’approvazione da parte del Congresso Usa del suo ambizioso piano di taglio della corporate tax. Alcuni Repubblicani sono contrari ad aumentare il deficit di bilancio, in particolare con lo spauracchio di uno shutdown delle attività federali secondarie che si aggira a Washington. I Democratici invece, in particolare gli esponenti dell’ala più a sinistra, difficilmente accetteranno che si faccia un tale favore alle imprese Usa quando il governo Trump ha appena annunciato tagli a tutta una serie di agenzie governative.
Sono concordi gli analisti di JP Morgan, secondo i quali è “virtualmente impossibile” che il piano di riduzione del 20% della corporate tax ottenga l’approvazione del Congresso.