L’economia americana un giorno non lontano metterà a confronto due esigenze programmatiche in aperto contrasto: la stabilità dei prezzi, cui è devota la Fed per mandato, e il programma di espansione economica nell’ordine del 3% annuo dell’amministrazione Trump.
Date le condizioni attuali dell’economia americana, con una disoccupazione estremamente bassa e un indice dei prezzi al consumo già al 1,1% (aprile) e previsto in forte rialzo entro l’anno, la Federal Reserve sarà costretta a rialzare i tassi, ponendo un freno alle ambizioni di crescita economica dell’amministrazione. A sintetizzare in questi termini la situazione è un approfondimento di Sebastian Mallaby (Cfr), comparso su The Atlantic.
“Se la Fed, agendo sulla base della sua valutazione del limite di velocità sicuro, continua ad aumentare i tassi di interesse, annuncerà che le ambizioni di crescita dell’amministrazione sono deliranti. Il presidente, da parte sua, potrà pensare che i guru monetari stiano cospirando per frustrare le sue promesse agli elettori”.
Se la Fed alzerà i tassi, l’altra conseguenza in contrasto aperto con le promesse di Trump sarà il conseguente rafforzamento del dollaro sulle altre monete. Un dollaro forte, infatti, danneggerebbe gli interessi dei colletti blu che Trump aveva dichiarato di difendere, afferma Mallaby. Inoltre, una moneta troppo cara tende a favorire i deficit commerciali (poiché rende conveniente l’acquisto di beni esteri): il magnate aveva promesso, anche qui, l’esatto contrario.
In sintesi, per il successo delle politiche commerciali che Trump ha in mente, la volontà politica del presidente americano non può che spingere per un dollaro debole e una politica monetaria meno rigida rispetto a quella necessaria a mantenere sotto controllo l’inflazione.