È arrivato il giorno che segnerà ufficialmente la trasformazione epocale delle politiche economiche degli Stati Uniti. Oggi Donald Trump si insedia alla Casa Bianca. È la fine dell’era di Barack Obama, che oggi passa il testimone al leader Repubblicano, e l’inizio di una nuova epoca, in cui tutto dell’America – le sue relazioni commerciali con altri paesi, la gestione delle tensioni geopolitiche, la gestione della stessa economia numero uno al mondo – potrebbe cambiare in modo radicale. Le politiche inflative dell’agenda di Trump cozzano con i tentativi della Fed di scongiurare un ritorno vigoroso dell’inflazione.
Trump ha già dato prova della sua capacità di sconvolgere i mercati finanziari scatenando prima un poderoso rally dei mercati finanziari con la sua vittoria all’ Election Day dello scorso 8 novembre, che ha alimentato le speculazioni su una nuova fase di politica economica, negli Usa, caratterizzata da bazooka fiscali, dunque da aumento della spesa pubblica per le infrastrutture, e un taglio delle tasse. Di qui, la scommessa degli investitori su un’accelerazione del Pil e soprattuto dell’inflazione, e dunque di nuovi rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve, con la quale il nuovo governo è già in rotta di collisione. Poi, appena qualche giorno fa, con la sua dichiarazione secondo cui il dollaro sarebbe “troppo forte”, ha scatenato forti reazioni sul mercato del Forex, alimentando i timori su una escalation della guerra valutaria.
In tale contesto, le dichiarazioni rilasciate da Mario Draghi, numero uno della Bce, sull’intenzione di proseguire e anche estendere in caso di bisogno il piano di Quantitative Easing, sono passate in secondo piano dopo aver fatto tirare un sospiro di sollievo ai mercati. Almeno in Eurozona la politica monetaria rimarrà ancora ultra accomodante e, almeno per ora, non ci sarà alcuna fase di tapering (ovvero di rientro dalle politiche di stimolo). Draghi ha lanciato anche un messaggio a Trump, ricordando quegli accordi internazionali che si oppongono alle svalutazioni competitive. Il numero uno della Bce ha anche affermato che il tasso di cambio, pur non essendo un target della banca centrale, gioca un ruolo importante nella stabilità dei prezzi e nelle prospettive di crescita. I suoi toni da colomba hanno contribuito a indebolire l’euro e a ridurre l’incertezza sui mercati.
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