Il prezzo del petrolio ha perso improvvisamente quota (vedi grafico) dopo che Donald Trump ha mandato un messaggio all’OPEC. Su Twitter – il suo mezzo di comunicazione di preferenza – il presidente degli Stati Uniti ha esortato il cartello dei paesi maggiori produttori di greggio a “rilassarsi e smettere di tagliare la produzione“.
Sul mercato di New York, un barile di petrolio sta cambiando di mano a 55,96 dollari, in calo del 2,5% a quota 57,53 dollari. La soglia di 57 dollari è un valico importante che ora è minacciato. I trader anticipano che la Casa Bianca incoraggi in qualche modo l’Opec a mantenere i rubinetti aperti.
Le quotazioni del petrolio, da anni in difficoltà per via di un’offerta in eccesso, stanno rimontando nel 2019. Nei primi due mesi il prezzo è salito di quasi un quarto. A innescare i guadagni è stato il taglio ai livelli di produzione deciso dall’Opec.
Oil prices getting too high. OPEC, please relax and take it easy. World cannot take a price hike – fragile!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) February 25, 2019
L’impatto del tweet di Trump secondo gli analisti
Non tutti gli analisti sono convinti che l’ultimo tweet di Trump avrà un impatto a lungo termine sull’andamento del petrolio sui mercati. L’analista di UBS Group AG Giovanni Staunovo, spiega a Bloomberg che “potremmo assistere a un atteggiamento meno aggressivo sui tagli da parte dei sauditi e questo potrebbe impedire che riducano ulteriormente la produzione”.
“Ma sono convinto ancora che l’Arabia Saudita ha tutte le motivazioni del caso perché i prezzi del petroli salgono e che finirà per imporre i tagli come concordato a dicembre”, quando l’OPEC e i suoi partner come la Russia hanno accettato di togliere dal mercato 1 milione e 200 mila barili al giorno.
Per la prima volta da novembre, i prezzi del petrolio Ua sono cresciuti sopra i 57 dollari al barile negli ultimi giorni. Il prezzo del Brent ha toccato i massimi di tre mesi a circa a 67 dollari al barile, aumentando i costi per i trasporti e il riscaldamento nel periodo invernale. Oggi scambiano sotto quella cifra.
Anche le sanzioni Usa contro le esportazioni di petrolio del Venezuela e dell’Iran hanno compromesso l’offerta, mettendo ulteriore pressione sul valore del petrolio.