NEW YORK (WSI) – Donald Trump sta cercando, con qualche difficoltà, di assemblare una squadra di governo preparata, ma allo stesso tempo in linea con quanto promesso nella campagna elettorale di un candidato senza esperienza politica che si è presentato come l’unica opzione anti establishment. Tutti gli occhi del mondo in questi giorni sono puntati sulle nomine agli Esteri e al Tesoro.
Per il ruolo di capo del dicastero dell’Economia, Trump pare abbia pensato a Jamie Dimon, ma l’AD di JP Morgan avrebbe rifiutato dicendo di essere impreparato per la posizione. Per l’importante ruolo di Segretario di Stato il presidente eletto è indeciso tra una scelta più conservatrice e canonica – l’ex candidato alla presidenza, il mormone Mitt Romney – e una più anti establishment, se così la si può chiamare la candidatura di Rudolph Giuliani, uno degli uomini che è sempre rimasto fedele a Trump anche nei momenti più difficili della sua corsa alla Casa Bianca.
La decisione di incontrare Romney ha sorpreso alcuni commentatori e potrebbe indicare una certa apertura di Trump ad affidare ruoli di spicco a esponenti di una certa caratura politica ed esperienza nel settore di riferimento. Questo, tuttavia, potrebbe non accontentare tutti, in quanto Romney agli Affari Esteri non rappresenterebbe certo quella rottura con il passato promessa da Trump durante la sua campagna presidenziale.
Tra i due poi non sembra scorrere buon sangue politico: a marzo l’ex governatore del Massachusetts ha definito Trump una “frode” e un “ciarlatano”. Trump, che ha sostenuto la candidatura di Romney alla presidenza nel 2012, lo ha definito un “perdente”, aggiungendo che all’epoca Romney si sarebbe inginocchiato pur di avere l’endorsement del magnate immobiliare lanciatosi in politica.
Secondo il New York Times, inoltre, il miliardario avrebbe offerto la posizione di consigliere per la sicurezza nazionale al generale Michael T. Flynn, ex membro della comunità dell’intelligence americana. Flynn ha da sempre sostenuto che l’islamismo militante ponga un pericolo su scala globale. Non è ancora chiaro se l’ex militare accetterà la proposta.
Con Trump Giappone ha paura di restare isolato
Trump ha incontrato il premier giapponese nel primo incontro del presidente eletto con un leader internazionale. È iniziato per la verità in modo abbastanza informale il giro di incontri diplomatici del neo presidente eletto.
Trimp ha infatti accolto il premier giapponese Shinzo Abe a casa sua, la Trump Tower, nel cuore di Manhattan. I due leader si sono visti per circa un’ora e mezza nella serata di ieri, parlando dei principali temi legati alla collaborazione dei due stati. Abe alla fine dell’incontro ha detto di avere “molta fiducia” in Donald Trump parlando di “una atmosfera calorosa”.
Il primo ministro giapponese tuttavia non è voluto entrare nei dettagli del colloquio. Per Abe, ovviamente, la preoccupazione più grande è quella di perdere la protezione americana in Asia, dando così più spazio al pericolo Corea del Nord e magari all’avanzata economica della Cina.
Nei mesi passati Trump ha ripetuto più volte di essere intenzionato a ritirare le truppe americane dal Giappone e dalla Corea del Sud, ancora un volta per mostrare ai cittadini Usa la sua intenzione di chiudere le frontiere e usare tutte le risorse dello stato all’interno. Il miliardario inoltre ha sostenuto che il Giappone – paese formalmente pacifista – dovrebbe avere una bomba atomica come deterrente nella regione.
Ma per il Giappone il problema non è solo militare: il paese ha infatti un interesse importante nell’area di libero scambio stabilito dalla Trans Pacific Partnership che Donald Trump ha promesso di far naufragare. Abbattere le tariffe doganali farebbe aumentare le esportazioni giapponesi verso gli Stati Uniti, dando sollievo all’economia stagnante a causa del costante invecchiamento della popolazione.