Dopo che sono stati temporaneamente congelati i negoziati sulla candidatura della Turchia a stato membro dell’Unione Europea, la lira turca è tornata a cedere terreno sul mercato valutario. In precedenza era salita fino al +0,8% sul dollaro, come conseguenza della decisione della Banca centrale turca di aumentare il costo del denaro del doppio rispetto alle previsioni.
La lira turca scambiava in rialzo di anche lo 0,8% sul dollaro Usa dopo che la Banca centrale ha aumentato i tassi di interesse di 50 punti base. È la prima mossa di irrigidimento monetario dal 2014. Dodici dei 19 economisti interpellati dall’agenzia di stampa Reuters scommettevano su una stretta monetaria di 25 punti base.
Il mercato non ha nemmeno fatto in tempo a digerire la notizia che ne è arrivata una seconda, potenzialmente di ancora maggiore valenza: il Parlamento europeo ha votato ad ampia maggioranza (479 voti a favore e 37 contrari con 107 astenuti) a favore del congelamento temporaneo delle trattative per l’ingresso della Turchia in Ue. Gli europarlamentari hanno citato il deterioramento dei diritti umani e degli standard democratici in Turchia sotto il presidente Erdogan. In particolare viene citata la reintroduzione della pena di morte come la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Nella risoluzione non vincolante votata oggi si dice che i colloqui sono bloccati ma che la Turchia dovrebbe rimanere comunque ancorata all’Ue. La posizione verrà rivista non appena Ankara metterà fine alle “misure repressive sproporzionate” previste durante lo stato di emergenza post colpo di stato (fallito a luglio), misure che violano i diritti di base e le libertà sancite dalla stesa costituzione della Turchia.
Nei giorni scorsi Tayyp Erdogan, probabilmente nella convinzione che le trattative si sarebbero arenate, aveva detto che la Turchia non deve per forza unirsi all’Ue e che potrebbe entrare a far parte dell’universo delle potenze asiatiche di Russia, Cina e centro Asia. Erdogan ha anche criticato i due pesi e due misure usati dall’Ue, che pure si è macchiata di episodi di violazione dei diritti e di carenze democratiche.
Sul mercato valutario la lira ha perso circa il 14% del suo valore rispetto al biglietto verde da inizio anno, penalizzata dal rafforzamento del dollaro – che ha visto un’accelerazione dopo l’elezione contro pronostico di Donald Trump alla presidenza Usa – e dalle preoccupazioni degli investitori sulla stabilità politica del paese dopo il fallito colpo di Stato di luglio.