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Tutte le banche centrali aiutano economia. Draghi, che aspetti?

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ROMA (WSI) – A poche ore dal vertice tra capi di Stato e di governo dell’Unione europea a Bruxelles, a Francoforte si svolgerà un altro direttorio chiave: quello della Banca centrale europea.

Si tratta della tradizionale riunione di inizio mese per le decisioni di politica monetaria, che oggi vedrà i governatori delle banche centrali riunirsi nel Consiglio direttivo dopo la cena di lavoro di mercoledì sera.

Una riunione dalla quale non sono attese sorprese sulle decisioni operative, la maggioranza degli analisti prevede il mantenimento dello status quota sui tassi di interesse, al minimo storico dello 0,75%.

Si spera che dopo un nuovo indebolimento sul finale del 2012 ora l’economia dell’area valutaria punti ad una stabilizzazione, preludio di una graduale ripresa nei mesi a venire. Ma il quadro resta debole e incerto, mentre la disoccupazione resta molto elevata. La decisione sui tassi è attesa alle 13 e 45.

Ma intanto a vivacizzare la riunione, e soprattutto la consueta conferenza stampa esplicativa che alle 14 e 30 verrà tenuta dal presidente Mario Draghi, potrebbero essere temi di stretta attualità, dal caso Mps che ha avuto risonanza internazionale nei giorni scorsi, a quello più recente sui cambi valutari sollevato dalla Francia. Il presidente Francois Hollande ha chiesto che i paesi dell’area euro si dotino di una “politica sui cambi”, perché i rafforzamenti della valuta unica rischiano di minare i progressi ottenuti a caro prezzo sul recupero di competitività.

Hollande ha messo le mani avanti precisando che non stava chiamando in causa la Bce, che mantiene la sua indipendenza, ma i governi che, attraverso il Consiglio, sono legittimati a darsi un obiettivo su questo versante.

Ma il tema è tutt’altro che pacifico, tanto che ieri la cancelliera Angela Merkel, tramite il suo portavoce Steffen Seibert, ha risposto con un chiaro “nein”, facendo capire di non esser d’accordo nemmeno sulle premesse con Hollande.

Per quanto in risalita rispetto ai mesi passati, secondo Berlino “l’euro non è sopravvalutato attualmente, se si guarda alla media storica”, ha detto il portavoce della Merkel, Steffen Seibert. E poi “dal nostro punto di vista la politica dei cambi non è uno strumento idoneo a migliorare la competitività – ha aggiunto -. Fornisce solo uno slancio sul breve termine, non consente di raggiungere una crescita a lungo termine della competitività”. Secondo Berlino i cambi devono riflettere i fondamentali macroeconomici di un paese.

In realtà Hollande non aveva grezzamente chiesto di usare la leva dei cambi per recuperare competitività, ma aveva argomentato che l’assenza di una politica sui cambi finiva per minare questa competitività, che dopo la crisi dei mesi passati diversi paesi dell’area euro stanno faticosamente cercando di rafforzare.
Questo in un contesto internazionale in cui invece alcuni player di primissimo piano, come la Cina, usano attivamente i cambi valutari per favorire le esportazioni.

D’altra parte, a sostegno delle argomentazioni della Germania, è anche vero che la recente risalita dell’euro va inquadrata rispetto ai minimi toccati la scorsa estate, quando la valuta unica subiva l’altissima tensione dovuta alla crisi sui debiti in vari paesi e i timori di frammentazione dell’Unione valutaria.
Altrimenti i livelli attuali dei cambi restano lontano dai massimo storici, risalenti al 2009 quando l’euro arrivò a toccare 1,60 dollari.

Questa polemica, poi, si è creata alla vigilia del vertice tra capi di Stato e di governo dell’Ue, che già si profilava ruvido in quanto le posizioni apparivano ancora distanti, tra paesi, sul tema principale del vertice: il bilancio pluriennnale dell’Unione europea. E in un clima già non facile il nodo dei cambi rischia non facilitare le discussioni.

Intanto oggi l’euro è poco mosso a 1,3528 sul dollaro, mentre ha segnato un nuovo massimo storico da tre anni sullo yen giapponese dopo che il governatore della banca centrale giapponese ha annunciato le dimissioni in anticipo di una ventina di giorni rispetto alla sua naturale scadenza.

Uno sviluppo che ha innescato ipotesi sulla nomina di un nuovo governatore che modificherà la politica monetaria in una direzione più aggressiva a sostegno dell’economia, facendo quindi leva anche sui cambi valutari e perseguendo meno gli obiettivi di contenimento di inflazione, come auspicato dal nuovo governo conservatore. E chissà che domani a Draghi non vengano chiesti commenti anche su questa vicenda. (TMNEWS)