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Tutti i dati PMI (manifattura), Paese per Paese. Come va il mondo?

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MILANO (ADVISE ONLY) – Con la pubblicazione ieri di parecchi dati dei PMI (Purchasing Managers Index, l’indice che stabilisce il valore delle industrie manifatturiere di una nazione), di Cina, USA, Europa e Giappone (in pratica quel che dovrebbe esserci di meglio al mondo) è ora piuttosto chiaro in quale condizioni sia la ripresa dell’economia globale. Vediamo di tirare qualche somma.

Il PMI mondiale attualmente si attesta su di un valore di 50,6, che è chiaramente espansivo, ma certo non quanto si desidererebbe. Dall’agosto 2009, quando gli USA dichiararono finita la crisi ed il suo PMI balzò a 53,5, all’agosto 2011, quando il PMI mondiale era 51,2, questo indice ha detto chiaramente che il mondo stava recuperando. Oggi siamo sopra il livello di guardia, ma bisogna stare attenti.

Attualmente la nazione che “pedala” di più al mondo è il Messico, il cui PMI di maggio (55,5) conferma come questa nazione emergente, arrivata in ritardo ad una ripresa stabile nel gennaio 2010, non ne sia però più uscita, al contrario del suo più famoso e grande vicino, gli USA i cui dati più recenti (quelli di ieri, che si riferiscono a maggio) è sceso a 51,9, buon dato ma inferiore alle previsioni.
La cosa che preoccupa gli USA è il sotto-dato relativo all’occupazione, sceso a 49,9 (il più basso dal gennaio 2010) che indica come il settore manifatturiero, di solito l’anima di una nazione, perda ancora posti di lavoro rispetto ai servizi ed all’agricoltura/allevamento.

Altre nazioni che stanno andando piuttosto bene sono il Canada e la Svizzera, entrambe stabilmente sopra il 52 come valore, con il Canada a 53,3. Le politiche di austerità (la cui popolarità per fortuna è in calo), applicate in queste nazioni sono state accoppiate a politiche espansive. I due Paesi hanno dovuto far fronte a grosse problematiche:

  • il Canada è una nazione fortemente dipendente dalla produzione di materie prima e con una valuta che riflette questa caratteristica,
  • la Svizzera fino al momento il cui ha deciso il famoso “peg” con l’euro (la soglia minima accettata di cambio dal governo elvetico è fissata ad 1,20) era considerata il “porto-rifugio” del mondo, quindi enormi flussi di denaro erano convertiti in franchi, penalizzandola.

La Gran Bretagna, all’alba dell’insediamento del nuovo governatore della BoE, il canadese Mark Carney, rispettatissimo e dal compito non facile, ha postato il miglior risultato degli ultimi due anni, con un più che rispettabile 52,5, battendo le aspettative di circa un punto intero ed evitando una nuova recessione, pare ormai definitivamente.

In Europa sembra che le cose stiano decisamente migliorando. Per tutte le principali nazione siamo a risultati migliori delle attese, con l’Irlanda e la Spagna addirittura in crescita (50,3 e 50,0 rispettivamente), anche se davvero di poco, e con le altre nazioni, a partire dall’Italia con 49,1 (risultato migliore degli ultimi 23 mesi) per finire al 45,4 della Grecia che, sebbene in contrazione, sono in netto miglioramento.
Come paradosso assoluto, l’unica nazione europea che sta facendo peggio (e questi sono dati, purtroppo, non sciocche parole), è la Germania, al minimo degli ultimi 2 mesi a 48,6 (inferiore al dato flash di 48,7). L’austerità non paga, neanche a chi la propugna più di chiunque altro, forte di paure inflazionistiche ed inperinflazionistiche che potrebbero non materializzersi mai. Ma, si sa, i tedeschi sono tutto finché flessibili e pronti a cogliere le cose al volo.

L’euro zona nel suo complesso è ancora in contrazione, con un dato a 48,8, ma in miglioramento e superiore alle aspettative. Chiaro che o si torna stabilmente sopra 50, o i problemi persisteranno. L’abbandono progressivo dell’austerità, accoppiato a serie politiche di crescita, probabile dopo le elezioni di settembre in Germania e la riconferma della Merkel, non potrà che aiutare.

La Cina è ancora in crescita, con un valore di 50,1, ma questo è il più basso degli ultimi 4 mesi e se l’unica nazione al mondo che ancora cresce decentemente in termini di PIL rallentasse troppo, in un momento in cui la ripresa sta guadagnano faticosamente trazione, questo sarebbe un bel problema, visto che non c’è nessun altro, dall’India in giù, che ne possa prendere il posto adesso.

In Giappone, l’Abenomics sta facendo il suo lavoro. A giugno il PMI è salito a 52,3 rispetto a 51,5 a maggio e si ritiene che sarà ancora in ascesa. É il quarto mese di fila che il valore è sopra 50, siamo al risultato migliore dal febbraio 2011. La politica ultraespansiva di Abe, volta ad indebolire lo yen, favorire le esportazioni e far salire la Borsa, sembra stia dando i suoi frutti, nonostante i tentativi di minarne la forza che vengono da più parti.

Gli altri BRICS crescono, ma asfitticamente. India, Russia, Brasile (soprattutto, è sotto gli occhi del mondo) hanno la loro fetta di problemi da risolvere, con crescite anemiche, politiche economiche troppo dispersive, corruzione dilagante e risorse spesso sprecate in progetti che non vanno da punte parti.

In conclusione, il mondo cresce, ma potrebbe fare molto di più. Il pericolo di una nuova recessione globale sembra scongiurato, soprattutto alla luce della tornata di ieri dei dati PMI, ma l’incombente “tapering” della FED (allentamento della liquidità che la banca centrale USA fornisce al sistema ogni mese) tiene desti tutti su cosa succederà quando questo inizierà. De facto il sistema dovrebbe essere inondato di liquidità e quindi dovrebbe marciare a pieno ritmo, questo perchè le imprese e gli individui dovrebbero disporre di parecchio denaro. Il fatto che ciò non sta succedendo, sia in USA che altrove, dovrebbe far riflettere non tanto sul fatto se sia giusto o meno inondare di liquidità il sistema, ma se di questa liquidità viene fatto un giusto utilizzo, primo tra tutti dalle banche che dovrebbero gestirlo. Purtroppo, sembra che non sia sempre così.