NEW YORK (WSI) – Gli analisti di UBS temono che un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve aprirà un “vaso di Pandora” in un mercato del credito societario esposto ad una mancanza di liquidità, che un commissario della SEC ha definito un ‘rischio sistemico’ che non è stato ancora affrontato adeguatamente dalle autorità.
Uno dei sacri graal del credito societario è il legame apparentemente innocuo che esiste tra una stretta monetaria e l’andamento degli spread creditizi. Di solito un aumento dei Fed Funds si traduce in un restringimento degli spread.
Come spiega anche UBS una misura di irrigidimento monetario è disegnata a rimuovere un po’ della incosistenza immessa nel ciclo produttivo, consentendo a un’economia di nuovo in salute di progredire attraverso gli investimenti produttivi. Serve ad aumentare i profitti aziendali, aprire i mercati di capitale e abbassare il rischio di default. Tutto ciò contribuisce a un restringimento degli spread, ossia dell’ammontare che viene versato all’investitore in merito al rischio di credito intrinseco nei titoli.
Di solito se l’economia va bene gli spread creditizi – ovvero la differenza tra i rendimenti delle obbligazioni considerate a rischio come i titoli sovrani e quelli dei bond ritenuti più sicuri – si abbassano e le obbligazioni rischiose a basso rating tendono a fare meglio di quelle di alta qualità (investment grade).
Tuttavia non siamo in un contesto e periodo ortodossi e “tale rapporto intrinseco non reggerà in un mondo post QE”, secondo l’analisi della banca svizzera. “I paralleli storici ci dicono che una stretta monetaria della Fed si è talvolta tradotta in un allargamento degli spread creditizi”.
A parte il legame stretto tra tassi e spread, un altro concetto fondamentale è in gioco: il ciclo economico e quello dei prezzi dei beni hanno iniziato a divergere, con i prezzi che sono su livelli più vicini al 1999 di quanto non lo siano al 1994 o al 2004.
L’attuale divergente tra i prezzi impliciti di mercato dei Fed Funds rispetto alle previsioni della Fed rappresenta un rischio per gli investitori nel mercato del credito. Una Fed che sia più aggressiva rispeto al ritmo di rialzo dei tassi finirà per fare tornare allargare gli spread del credito.
Il debito misurato in percentuale di Pil è vicino a livelli record. Anche il valore dell’S&P 500 in rapporto al Pil si trova su prezzi inusuali, visti a fine Anni 90 e 60. Ma la caccia al rendimento ha fatto salire su prezzi esorbitanti i titoli a reddito fisso.
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Se l’azionario è ritenuto caro rispetto all’attività economica reale, i prezzi dei titoli quotati sono invece da considerare economici se si confrontano con le valutazioni a cui sono arrivati i bond societari, fenomeno verificatosi alla luce di una ridotta liquidità nel mercato obbligazionario di riferimento.
I rendimenti dei titoli quotati sull’S&P 500 sono su livelli simili a quelli dei rendimenti dei bond giudicati BB/B. In teoria se si guarda alla serie storiche sono i titoli giudicati almento A/BBB a garantire tali rendimenti.
Se gli analisti di UBS ci hanno visto giusto, un rialzo dei tassi potrebbe provocare un allargamento degli spread creditizi in un mercato dei bond societari svuotato di liquidità. E a quel punto sarebbero guai per il mercato del credito, che rischierebbe la carneficina.
(DaC)