GINEVRA (WSI) – Fra le pagine del report redatto da Ubs House view: year ahead 2016, sulle prospettive macroeconomiche per l’anno prossimo, è contenuta una serie di spunti operativi su come bilanciare il proprio portafoglio in questo 2016, che si preannuncia un anno di transizione. Ecco le domande più importanti dalla cui risposta dipenderanno i movimenti dei mercati l’anno prossimo
- Il 2015 ha segnato il picco ciclico degli attivi rischiosi? Secondo Ubs la risposta è no, e prevede un portafoglio sovrappesato sull’azionario. Si era parlato dei rischi collegati al rallentamento della crescita globale, della stretta monetaria e del rischio di una sopravvalutazione sui mercati azionari. Nel primo caso Ubs ritiene che la crescita globale sotto le attese di uno 0,4% nel 2015, risalirà la china l’anno prossimo; per quanto riguarda la politica monetaria, la stretta è attesa, ma con una gradualità tale da non preoccupare il mercato; mentre sul rischio-bolla Ubs ricorda che il livello prezzo/utili (price/earnings ratio o P/E) diffuso dall’Msci All Country World Index è di 16,6 volte, rispetto alla media storica di lungo periodo di 17,6. “Di certo siamo lontani dai livelli generalmente associati a una bolla sul punto di scoppiare”, scrive Ubs.
- A che punto si trova la politica monetaria?Senza avere troppe certezze sulle prossime mosse, si può ipotizzare la prosecuzione di un atteggiamento accomodante da parte delle banche centrali; Ubs, inoltre, si aspetta che le politiche della Fed rispetto a quelle della Bce e della Boj “continueranno a divergere”. In passato le decisioni dei governatori degli istituti centrali sono state poco prevedibili, ci si sarebbero attese mosse più restrittive da parte della Federal Reserve e Bank of England nel corso di quest’anno, ma si è rimasti un po’ spiazzati. L’esigenza fondamentale resta quella di guardare l’andamento dei prezzi, ossia l’elemento cardine sul quale si basano i mandati delle banche centrali. Stanti gli attuali rischi deflattivi, nel dubbio, Ubs consiglia di prepararsi a uno scenario di politiche monetarie ancora lasche.
- La Cina riuscirà a controllare il rallentamento dell’economia? Si e no: evitare il rallentamento sarà impossibile, ma lo scenario atteso non include strappi bruschi. Ubs stima la crescita cinese per i prossimi due anni intorno al 6%. I rischi sottostanti, tuttavia, sono fra quelli da osservare con maggiore attenzione, visto il grande livello d’indebitamento delle aziende cinesi e, più in generale, l’elevato livello credito/Pil che nel 2015 è stimato al 250%. Una crescita in rallentamento renderà più difficile ripagare tali debiti da parte delle imprese. Il sistema bancario pubblico cinese ha più possibilità di evitare ondate di fallimenti aziendali conseguenti a un boom del credito: ciò può avvenire grazie a prestiti agevolati in grado di arginare eventuali ripercussioni sulla fiducia dei consumatori.
- La flessione dei mercati emergenti e delle materie prime è vicina al punto d’inversione? La risposta di Ubs è un prudente sì: anche se le cose non saranno più entusiasmanti come un tempo il peggio dovrebbe essere passato. Alla base di uno scenario di ripresa ci sono “le valutazioni delle azioni emergenti, che sono scese in prossimità dei minimi del 2008 e l’estrema debolezza valutaria di quest’anno [che] ha nettamente accresciuto la competitività all’estero”. Ma le condizioni per le quali la piazza delle economie emergenti torni a sorridere dipende da quanto graduali saranno le prossime scelte della Fed, da quanto morbido sarà l’atterraggio cinese e da quanti utili riusciranno a tirar su le imprese (già diminuiti, in dollari, del 26% dal 2011 ad oggi).
- Il 2016 segnerà il ritorno dell’inflazione? Sì, ma soprattutto a causa della ripresa dei prezzi dell’energia. Nonostante l’espansione quantitativa della moneta adottata dalle banche centrali a partire dalla crisi del 2008 non s’è verificata, ad oggi, nessuna iperinflazione. Il 2016 potrebbe segnare un ritorno, anche se non particolarmente significativo, alla crescita dei prezzi: Ubs si aspetta che “nel 2016 l’inflazione risalga all’1,6% (dallo 0,2%) negli Stati Uniti e all’1,0% (dallo 0,1%) nell’Eurozona”. I mercati non dovrebbero prenderla male, visto che un’inflazione di questo tipo non innesca alcuna spirale verso l’alto, come nel caso in cui i salari crescano a un passo più veloce dei prezzi. Se così fosse “le banche centrali non starebbero a guardare e le società avrebbero motivo di preoccuparsi per i loro margini”. Ma il rischio, per ora, non sussiste.
- Gli sviluppi politici influenzeranno i mercati nel 2016? Crisi dei migranti, Brexit, elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Sono questi alcuni dei passaggi fondamentali di cui tenere conto per i mercati dell’anno che verrà. Fattori che incideranno, scrive il report Ubs, ma non in modo duraturo. L’ascesa dei partiti anti-establishment in Europa, favorita dalle politiche di austerità e dalla più recente crisi migratoria è una tendenza pressoché generalizzata; questo potrebbe rallentare i processi di riforma. Crisi analoghe sono possibili anche nei Paesi emergenti e, per quanto riguarda gli Stati Uniti nell’eventuale affermazione di candidati scomodi nelle primarie dei partiti Repubblicano e Democratico.
A questi fattori si aggiunge anche la questione sicurezza legata alla minaccia dell’Isis, che potrebbe minare la fiducia dei consumatori e i cui effetti sono ancora da valutare. “Questi fattori”, chiosa Ubs, “sono senz’altro preoccupanti e ci aspettiamo che influenzino i mercati nel 2016, ma non dovrebbero causare gravi turbolenze”. Le previsioni della società svizzera, dunque, danno vincente la stabilità politica favorevole al mercato, mentre restano, sulla base delle esperienze passate, ridotte le possibilità di gravi contraccolpi sull’economia causati dal panico generato dal terrorismo.