Si indaga sull’uccisione della giornalista e blogger maltese Daphne Caruana Galizia, uccisa nell’esplosione della sua auto. Un caso in cui il crimine si lega alla politica e al momento le piste su cui stanno studiando gli inquirenti son tante, ben 42, nessuna sicura.
La giornalista dal suo blog denunciò caso di corruzione, traffico di petrolio e droga, malaffari nell’ambito politico e non solo coinvolgendo anche la criminalità organizzata. Le piste seguono i dossier che la giornalista aveva nel suo pc e tra queste spunta quella libica.
Negli ultimi mesi la giornalista aveva seguito lo scandalo dei falsi feriti della Libia, un affare che attraverso intermediari maltesi, da anni, garantisce a cliniche di mezza Europa (anche a Roma) rimborsi milionari per ricoveri inesistenti. Politici maltesi e criminali internazionali che avevano trovato il modo di far soldi sulla guerra civile fra Tripoli e Bengasi. Per ora più che indizi ci sono elementi che possono supportare tale pista.
Il primo l’esplosivo usato per l’attentato alla giornalista, il Semtex che sarebbe arrivato a Malta tramite il canale di Sicilia da uno dei grandi depositi ereditati da Gheddafi. Altro elemento da considerare il flusso enorme di denaro che dalla Libia passa per Malta. Daphne aveva scoperto che le milizie libiche si finanziavano tra mite mediazioni petrolifere e nella custodia dei fondi sovrani.
La giornalista aveva scoperto un grande traffico di visti medici a pagamento che per lungo tempo ha permesso a migliaia di miliziani libici, il più delle volte autentici criminali, di entrare senza problemi con le loro famiglie in area Ue, con l’obiettivo falso di curare ferite di guerra che, in realtà, non esistevano. Dopo aver ricoverato per mesi i reduci in Croazia, Italia, Turchia, Libano e Tunisia, si presentavano conti taroccati e salatissimi di terapie mai praticate che erano tangenti che i governi libici hanno sempre pagato. E’ cauto Herman Grech, direttore del Times of Malta.
“Dalle piste libiche al petrolio, dai narcos alla mafia siciliana ogni ipotesi è possibile. La verità è che in questi anni nessun Paese europeo, in rapporto alla popolazione, ha avuto una così alta percentuale d’autobombe. E non s’è mai trovato un solo responsabile di questi attentati”.