KIEV (WSI) – Il colosso energetico Gazprom si è detto soddisfatto dell’accordo raggiunto ieri sera tra Russia, Ucraina e Ue. Secondo i termini dell’intesa Kiev dovrà pagare 3,1 miliardi di dollari all’azienda russa per i pagamenti arretrati e per il rispristino delle forniture di gas dovrà cominciare a pagare in anticipo. L’accordo raggiunto è valido fino a marzo 2015.
Risolto così per qualche mese il problema del gas, archiviato ormai il risultato delle elezioni, a Kiev si lavora per la costituzione del nuovo governo – non facile vista l’eterogeneità dei vincitori – al quale spetta il duro compito di evitare che la nave ucraina affondi schiantandosi al primo scoglio.
Il presidente Petro Poroshenko aveva promesso alla vigilia delle elezioni che il nuovo gabinetto sarebbe stato costituito in meno di dieci giorni. Mercoledì i due maggiori partiti che si avviano a formare la maggioranza hanno presentato il loro piano di governo: una cinquantina di pagine quello del Blocco di Poroshenko, due e mezza per il Fronte Popolare del primo ministro Arseni Yatseniuk. Alle trattative per la formazione della nuova coalizione sono stati invitati Samopomich del sindaco di Leopoli Andrei Sadovy e Patria di Yulia Tymoshenko.
All’inizio della prossima settimana, col calendario del presidente rispettato, si potrebbero già avere le indicazioni su chi veramente ne farà parte e chi si prenderà la briga di reggere il timone. Da una parte si fa il nome di Volodymyr Groisman, delfino di Poroschenko, dall’altra spinge lo stesso Yatseniuk per non lasciare la poltrona che ancora occupa.
Nonostante però l’ottimismo di circostanza dopo la vittoria a tutto campo delle forze europeiste, tra cui anche quella nazionalista di Oleg Lyashko, che in realtà più che europeista è antirussa, il fronte governativo ha per forza di cose davanti a sé una strada tutta il salita.
Se i primi ostacoli interni sono già emersi sulla questione delle poltrone – oltre a quella del premier c’è tutta la fila dei ministeri e la girandola interesserà in parte anche i gangli dell’amministrazione e soprattutto i vertici militari e di intelligence – le grandi sfide sono quelle per cui non bastano certo le ricette a grandi linee messe in questi giorni nero su bianco e sotto le quali finiranno le firme dei partecipanti alla coalizione di governo.
I due grandi rebus da risolvere sono quelli del Donbass e dell`economia allo sbando, con annessi e connessi, dal decentramento alla questione del gas, risolta per ora sino al mese di marzo, ma comunque fardello difficile da sopportare a medio termine.
Il primo punto è comunque quello più urgente, partendo dal fatto che le elezioni indette dai separatisti per domenica prossima e che la Russia ha annunciato di voler riconoscere mettono subito pressione al governo che ancora non c’è, ma che avrà tra qualche giorno la prima gatta da pelare. Le relazioni con le regioni separatiste saranno il primo banco di prova per la tenuta dell’alleanza tra i fautori del dialogo guidati da Poroshenko e il “partito della guerra” capitanato da Yatseniuk. Le ultime notizie dal Sud-Est, ufficialmente in tregua, ma dove de facto si continua a combattere anche se sporadicamente, non aiutano: solo ieri è stata comunicata la morte di sette soldati ucraini.
Le elezioni hanno decretato che in diversi oblast (distretti, ndr) del sudest, non solo a Lugansk e Donetsk, gli eredi di Victor Yanukovich riuniti nel Blocco d’opposizione sono ancora forti e il rapporto con l’opposizione, anche in vista delle riforme di decentramento, sarà per il governo il termometro per misurare la capacità di successo nel tenere a bada le forze centrifughe. Senza un dialogo tra centro e periferia il conflitto addormentato nel Donbass potrebbe sgelarsi e contagiare altri lembi del Paese.
Il secondo tema fondamentale è quello economico: sino ad ora il governo Yatseniuk non ha fatto altro che incassare gli aiuti della comunità internazionale, ora si tratta di avviare le riforme, visto che non c’è più nemmeno la scusa di un parlamento bloccato. La situazione è però drammatica e condizionata sempre dal conflitto nel sudest, che continuerà inevitabilmente a pesare.
Il pil alla fine del 2014 segnerà -6,5%, l’inflazione è oltre il 12%, la produzione industriale è crollata per il terzo anno di fila, così come le importazioni (-22%), il deficit per il 2014 sorpasserà il 10% del pil.
In questo contesto la ricomposizione provvisoria della diatriba sul gas con la Russia è un aiuto, ma anche indirettamente una complicazione: Kiev dovrà impiegare ingenti risorse per saldare parte degli arretrati accumulati con Gazprom e per pagare anticipatamente i 4 miliardi di metri cubi di metano necessari per superare l’inverno.
(TMNews)