La pandemia del coronavirus ha mostrato l’esigenza di un maggiore coordinamento fra i Paesi europei, ma l’Ue in quanto tale non è stata all’altezza delle sue responsabilità. Sono alcune delle posizioni emerse da uno studio condotto da due ricercatori dello European council on foreign relations (Ecfr), un think-tank.
Secondo l’indagine, condotta da Datapraxis e YouGov nel periodo in cui molti dei paesi europei stavano iniziando a predisporre i piani di riapertura delle economie e che ha coinvolto 9 Paesi Ue rappresentativi di due terzi della popolazione europea, il 77% degli italiani ritiene che la crisi-covid abbia mostrato la necessità di una maggiore cooperazione fra i Paesi del Vecchio Continente. Un’opinione che, da noi, risulta più forte rispetto alla media dei Paesi Ue coinvolti nello studio (63%).
Allo stesso tempo, però, l’Unione Europea non sarebbe stata “all’altezza delle sue responsabilità” per il 63% degli italiani e il per il 46% degli europei. Anzi, a definire “irrilevante” il ruolo dell’Ue durante la pandemia sono 4 italiani su 10 (del parere opposto è solo il 27% del campione); la media europea è dello stesso avviso con un ancor più netto 47%. Da notare, nei due grafici in basso, come in nessuno dei nove Paesi considerati nell’indagine prevalgano sentimenti benigni nei confronti dell’Ue: ovunque prevale la sensazione che l’Europa avrebbe dovuto fare di più.
Anomalia italiana: la Cina avrebbe aiutato più dell’Ue e dell’Oms
Qual è l’attore esterno che si è dimostrato, dunque, “il miglior alleato” nelle difficoltà dettate dal coronavirus? In questo caso l’opinione pubblica italiana si distingue da quella degli altri Paesi europei attribuendo alla Cina un ruolo di gran lunga più rilevante. Secondo il 25% degli italiani è stato proprio il Dragone a dare il maggior contributo nella lotta alla pandemia; solo il 4% pensa che, al contrario, sia stato quello dell’Ue l’aiuto più importante. Nella maggioranza degli altri Paesi, se si esclude la risposta per la quale nessun aiuto esterno è stato importante, è l’Organizzazione mondiale della sanità ad aver riscosso i maggiori consensi.
Non stupisce, dunque, che la reputazione della Cina, rimessa in discussione dalla maggioranza dei cittadini europei, abbia tenuto meglio in Italia. Se per il 48% degli europei l’opinione sulla Cina è “peggiorata” dopo la pandemia, in Italia la percentuale si riduce al 37% (solo in Bulgaria la Cina ha mantenuto ancor di più il suo ascendente).
Per il 21% degli italiani, inoltre, l’esperienza del coronavirus ha contribuito a “migliorare” la reputazione cinese (contro una media europea del 12%).
Ancor più del Paese guidato da Xi Jinping sono gli Stati Uniti ad aver perso smalto a causa del Covid-19: l’opinione che gli europei hanno degli Usa è peggiorata per il 59% degli intervistati (e per il 48% degli italiani).
La sfiducia negli esperti
I sentimenti di sfiducia, tuttavia, si estendono anche alla categoria degli “esperti”, divenuti protagonisti delle scelte assunte dai governi nei mesi più duri del contagio. Solo il 35% degli europei è convinto che l’operato degli esperti abbia avuto un impatto positivo, mentre il 38% crede che esperti e autorità abbiano nascosto informazioni al pubblico, ed il 27% dichiara scarsa fiducia negli esperti in generale. La fiducia negli esperti è più diffusa nel nord Europa, in particolare in Danimarca (64%) e Svezia (61%), dove è forte anche la fiducia nel governo, mentre è ai minimi in Francia (15%), Polonia (20%) e Spagna (21%).
La valutazione dell’operato del governo
E la fiducia nel governo nazionale? In questo caso le risposte variano di molto da Paese a Paese. Il 52% degli italiani, più o meno in linea con la media europea si dicono più fiduciosi nel governo o, comunque, soddisfatti dell’operato dell’esecutivo durante l’emergenza del Covid-19. La percentuale sale a un devastante 89% in Danimarca e scende a uno stiracchiato 29% in Francia.