Tra minacce all’Ue e il rischio mai affievolito di una hard-Brexit, in Gran Bretagna è entrata nel vivo la corsa alla successione di Theresa May a capo del partito conservatore.
Sono dieci i pretendenti, otto uomini e due donne, in lizza per il posto di capo del partito conservatore. I candidati dovranno affrontare le votazioni dei colleghi parlamentari a eliminazione successiva destinate a scattare giovedì 13 per poi proseguire dal 18 al 22 prima di arrivare all’ultimo atto: il ballottaggio fra i 2 superstiti più suffragati affidato al voto postale dei 160.000 iscritti duri e puri del partito.
Al vincitore, che sarà annunciato per la settimana del 22 luglio, spetterà il difficile compito di guidare l’uscita del Regno Unito dell’Unione europea, cosa che non è riuscita a Theresa May, costretta a posticipare al 31 ottobre la data della Brexit originariamente prevista il 29 marzo. Tra i favoriti svetta l’ex ministro degli Esteri Boris Johnson, mentre tra i 9 inseguitori a tentare di prendere il largo è il suo più prudente successore al Foreign Office, Jeremy Hunt. Tra gli sfidanti di maggior peso anche Michael Gove.
“Sterline sotto pressione, BoE ha le mani legate”
Tutto questo mentre l’economia britannica, a tre anni dal referendum sull’uscita dall’Ue, sembra sull’orlo di un collasso. “La debolezza economica insieme alle prospettive incerte sulla Brexit continueranno a mettere sotto pressione la sterlina: dicono gli analisti di Rabobank, che in una nota di ieri hanno sottolineato come, per un periodo prolungato, il caos politico nel Regno Unito “abbia spostato l’attenzione dai dati economici. Detto questo, la pubblicazione dell’indice sulla produzione industriale risultato particolarmente debole in aprile ha rappresentato una spiacevole promemoria dell’impatto reale dell’incertezza politica e un’indicazione dei costi che possono essere associati alla Brexit. Sulla carta, la BoE è attualmente la seconda banca del G10 più aggressiva dopo la Norges Bank. La debolezza dei dati di produzione di aprile mette in discussione la possibilità di un intervento per aumentare i tassi nel post Brexit anche se ci fosse un crollo della valuta e un conseguente aumento del potenziale di inflazione”.
Pil e produzione industriale, indietro tutta
Il Pil del Regno Unito ha segnato in aprile una contrazione dello 0,4%, un dato peggiore rispetto alle attese e che arriva dopo una diminuzione dello 0,1% registrato a marzo. In termini di performance trimestrali, la crescita è rallentata allo 0,3% nei tre mesi precedenti ad aprile, dopo un’espansione dello 0,5% nel primo trimestre. La sterlina è scesa di quasi lo 0,6% rispetto al dollaro dopo i dati, a 1,2651.
Il calo mensile del PIL è stato attribuito principalmente alla “drammatica caduta” della produzione automobilistica che è diminuita del 24% ad aprile rispetto al mese precedente.
Nello stesso mese, l’indice della produzione industriale ha registrato una flessione del 2,7% su base mensile a fronte del +0,7% del mese precedente. Il dato appare anche peggiore delle attese degli analisti che erano per un calo più contenuto (-0,7%). Anche il dato tendenziale registra un segno negativo: -1% contro il +1,3% rilevato il mese precedente e il +1% delle stime di consensus.