Helen Mirren, attrice inglese e premio Oscar, è impegnata in prima persona nella campagna per la salvaguardia degli ulivi nella sua amatissima Puglia
photography © GILES KEYTE
Quando, nel 2013, la Xylella Fastidiosa venne intercettata per la prima volta in Puglia in pochi credevano che avrebbe potuto provocare il disseccamento di oltre 21 milioni di ulivi. Oggi l’intera area del Salento ha completamente cambiato forma, i paesaggi verdi e rigogliosi delle foreste di ulivi si sono trasformati in sconfinate distese di alberi secchi. Questo batterio, presumibilmente arrivato dalla Costa Rica, porta all’essiccazione e alla morte degli ulivi bloccando i vasi xilematici della pianta, ovvero le “vene” che alimentano l’albero con i nutrimenti necessari. Con i vasi ostruiti, l’albero lentamente secca e alla fine muore. Proprio per far fronte a questa epidemia è nata Save the Olives, organizzazione no-profit che giorno dopo giorno si batte per la salvaguardia degli ulivi e per un futuro più “verde”. A parlarne in esclusiva a Wall Street Italia è un’ambasciatrice d’eccezione, la grande attrice inglese Dame Helen Mirren.
Partiamo dal suo ruolo di ambasciatrice della Onlus Save The Olives: come è iniziata quest’avventura?
“Abbiamo fondato l’organizzazione nel 2017, poco prima del Covid. All’inizio eravamo una decina: un olivicoltore, alcune persone del luogo ed io. All’epoca circolavano molte voci sulla Xylella Fastidiosa, ma nessuno sapeva bene cosa fosse, era stata scoperta dai ricercatori del C.N.R. [Consiglio Nazionale delle Ricerche, N.d.R] a Gallipoli e si stava spostando verso nord. Quando l’epidemia è arrivata anche da noi a Tricase ci siamo resi conto della sua incredibile gravità. Ricordo che un giorno, mentre guidavamo verso Gallipoli, mi sono apparsi davanti agli occhi distese di alberi morti. A quel tempo circolavano molte voci infondate, la gente diceva che erano stati gli olivicoltori del nord che avevano deliberatamente fatto tutto ciò perché volevano questa terra, oppure si dava la colpa ai cinesi… C’era molta confusione e circolavano le tesi più differenti, è stato molto simile all’inizio del Covid: nei primi mesi del Covid nessuno capiva esattamente cosa fosse, lo stesso è successo con la Xylella. Abbiamo fondato l’organizzazione Save the Olives con l’intento di fare luce sulla verità, affinché le persone fossero consapevoli del pericolo incombente”.
Qual è la missione di Save the Olives oggi?
“Ci concentriamo sul futuro degli ulivi. Le aree di intervento fondamentali sono due: l’innesto precoce – una pratica agronomica reversibile che consente la fusione anatomico-fisiologica di due individui appartenenti a diverse specie o varietà – per salvare gli ulivi monumentali, e la ricerca di nuove varietà di ulivi resistenti alla Xylella. Sembra un compito semplice, ma non lo è. Abbiamo un bravissimo agronomo salentino che lavora con noi e collabora da dieci anni con il C.N.R portando in campo le ricerche iniziate in laboratorio al fine di trovare le migliori soluzioni possibili. La missione non è solo quella di cercare varietà di ulivi resistenti alla Xylella, ma è anche quella di trovare varietà che abbiano una lunga vita e che producano del buon olio extravergine. Questa ricerca interessa tutto il mediterraneo, non solo la Puglia. La caratteristica della Xylella è che all’apparenza l’albero può sembrare perfettamente sano, ma la malattia è al suo interno e se viene scoperta troppo tardi l’albero non può essere salvato. Con acume hanno chiamato la Xylella Fastidiosa “il fuoco invisibile”. Nella nostra masseria avevamo 70 ulivi, erano alberi forti, avevano un centinaio di anni. Abbiamo dovuto sradicarli uno ad uno e ripiantarli tutti. In Puglia ci sono un totale di 60 milioni di ulivi, molti hanno dai 500 ai 2.000 anni, alcuni sono stati piantati dai Romani, altri erano già lì quando Cleopatra salpava da Brindisi… Questi ulivi sono sopravvissuti a guerre mondiali, rivoluzioni e disastri ecologici. Ne abbiamo già persi 21 milioni, è un nostro dovere salvare quelli che rimangono. Li considero una parte importante del patrimonio italiano, come il Colosseo e il Vaticano fanno parte della storia di questo Paese”.
Ci racconta quando si è innamorata della Puglia per la prima volta?
“Mio marito [il regista americano Taylor Hackford, N.d.R] adorava l’Umbria e anch’io amo l’Umbria, ma quando abbiamo cominciato a cercare casa ho iniziato a leggere molti articoli sulla Puglia e ne sono rimasta affascinata. Un giorno siamo andati a trovare un amico che partecipava al Salento International Film Festival a Tricase. Era una bellissima notte, regnava la calma, la luna piena era sospesa sul mare e tra me e me ho pensato: è qui che voglio vivere. Abbiamo cominciato a documentarci sulla storia di questa regione, sulle volte che è stata invasa, sul fatto che ancora oggi ci sono alcuni villaggi dove si parla il greco. Quello che mi ha veramente colpito è stato il calore delle persone: in Puglia la gente è incredibilmente accogliente, divertente, interessante. Da subito mi sono sentita a mio agio”.
Attualmente vive tra gli Stati Uniti e il Regno Unito, ma ha detto che il posto dove si sente davvero a casa è la sua masseria nel Salento…
“Mi sento molto a casa qui. La cosa più bella è che la gente mi considera una persona normale, mi saluta mentre faccio la spesa dal fruttivendolo, sono tutti molto garbati. Per loro sarò sempre “l’attrice”, ma alcuni non sanno nemmeno il mio nome. Quando stavamo cercando la nostra masseria dissi a mio marito: promettimi che quando compreremo la casa, indipendentemente da tutti i lavori di ristrutturazione che dovremo fare, potremo passare lì la prima notte. Volevo una casa con porte, finestre, acqua corrente, elettricità e volevo la vista sul mare. Dopo poco mio marito si innamorò di quella che sarebbe diventata la nostra masseria. Non c’era acqua, non c’erano porte né finestre, non c’era il tetto e non aveva la vista sul mare. Mi disse: ho trovato la casa dei nostri sogni”.
Il suo irresistibile accento britannico si fonde con il suo sorriso ed il suo charme mediterraneo. Come definirebbe sé stessa?
“Sono una persona curiosa, avventurosa e molto paziente. In Puglia e nel Salento bisogna avere pazienza, perché qui tutto si muove con un ritmo diverso. Ci vuole anche un buon senso dell’umorismo e un grande rispetto per le persone che vivono qui da sempre”.
Oltre ad essere un’attrice di successo lei è una grande ispirazione per donne di generazioni diverse. Qual è il suo concetto di bellezza?
“La vera bellezza è gentilezza, generosità, bellezza vuole dire energia, impegno, bellezza vuole dire amore”.
È stata nominata Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero britannico nel 2003 a Buckingham Palace. Come ricorda questo momento? Ricevere quest’onorificenza l’ha fatta sentire più vicino al suo Paese?
“Il monarca britannico è sovrano dell’ordine e nomina tutti gli altri membri dell’ordine. Non tutti sanno però che sono i tuoi colleghi e le persone con cui lavori che propongono il tuo nome. Questa è una delle onorificenze più importanti del Regno Unito, è un riconoscimento del tuo Paese nei tuoi confronti, è la tua gente che dice: ben fatto, Helen! Sono stata molto orgogliosa di ricevere quest’onorificenza, l’ho accettata con immensa gratitudine. Mio padre è immigrato in Inghilterra dalla Russia quando era giovanissimo e, anche se oggi non c’è più, so che sarebbe incredibilmente orgoglioso”.
Per la sua magistrale interpretazione della Regina Elisabetta II in The Queen si è aggiudicata un premio Oscar come Migliore Attrice. Durante le riprese, nel 2006, ha inviato una lettera personale a Sua Maestà. Ci rivela cosa l’ha spinta a prendere questa decisione?
“Prima di cominciare le riprese del film ho studiato a lungo il personaggio della Regina e mi sono resa conto dell’incredibile servizio che ha reso al popolo della Gran Bretagna. Aveva uno straordinario autocontrollo e un grandissimo senso del dovere. Le ho scritto per dirle che stavamo girando un film che raccontava un momento particolarmente doloroso della sua vita [la morte improvvisa della Principessa Diana nell’agosto del 1997, N.d.R], che la ammiravo immensamente e speravo che il nostro lavoro non risultasse inopportuno”.
A suo avviso Carlo III sarà un buon Re?
“Sarà un Re eccezionale: è sempre stato proiettato in avanti, è un ambientalista della prima ora e si può considerare il primo regnante davvero coinvolto nella lotta al cambio climatico. Ricordo che all’inizio le persone lo reputavano un po’ pretenzioso, dicevano: chi si crede di essere? Re Carlo III ha sempre avuto un occhio verso il futuro, ma non ha mai dimenticato il passato e la storia del suo Paese. Penso che sarà un ottimo Re e farà progredire l’Inghilterra grazie alla sua grande determinazione”.
Se le dicessero che stanno girando un film sulla sua vita, ci può rivelare chi sceglierebbe ad interpretare sé stessa?
“Sceglierei Jennifer Lawrence, somiglia molto a me da giovane. È più bella di quanto non fossi mai stata io, ma sotto certi aspetti siamo molto simili. Trovo che sia una bravissima attrice”.
Per diventare ciò che è oggi ha sempre messo il suo lavoro davanti al resto. Se potesse tornare indietro, c’è qualcosa che farebbe in modo diverso?
“Ho fatto tanti errori nella mia vita, errare è umano ed è proprio da questi errori che si impara e si cresce. Quando mi chiedo se rifarei una determinata cosa oppure no, forse la risposta oggi sarebbe no, ma poi penso che è anche grazie a quell’errore che sono diventata chi sono. Forse non sarei rimasta così tanto tempo al college, ho studiato per diventare insegnante e non per diventare un’attrice e avrei potuto cominciare ad essere un’attrice molto prima. Al college, però, ho incontrato una delle mie migliori amiche, siamo amiche tutt’oggi, abbiamo passato una vita insieme. Se me ne fossi andata non l’avrei mai incontrata. La vita è fatta proprio di questo, di pro e di contro, di opportunità e di lezioni da cui imparare…”.
Per saperne di più: www.savetheolives.com