La metamorfosi “tranquilla” del Movimento 5 stelle, testimoniata dai volti rassicuranti dei nuovi sindaci pentastellati, Virginia Raggi e Chiara Appendino, ha trasformato anche la posizione dei grillini sull’Europa e sull’euro. L’atteggiamento, anche in precedenza, era sempre stato ambiguo: la rinuncia di Beppe Grillo a una posizione netta sull’euro, invocando un referendum che faccia scegliere agli italiani, era pensata per rassicurare sia i critici sia i sostenitori della permanenza nell’Eurozona. Adesso che il destino dell’Unione Europea ha bisogno di risposte più certe e che le responsabilità del potere sono più vicine, il M5s ha intrapreso la più rassicurante via dell’europeismo critico (“stare in Europa per cambiarla dall’interno”).
E sull’euro? Quale sarebbe il piano dei Cinque Stelle? Non è un segreto: una proposta di legge popolare è già stata presentata al Senato l’8 luglio 2015, col sostegno di 200mila firme. La proposta prevedeva il famigerato referendum sull’euro, il cui quesito sottoposto agli elettori sarebbe:
“Ritenete voi che si debba adottare una nuova moneta nell’ordinamento nazionale in sostituzione dell’euro, rimanendo nell’Unione europea come Paese membro “con deroga” ai sensi dell’articolo 139 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea?”. Ritenete che “a tale scopo si debba delegare il governo ad adottare le disposizioni e le misure necessarie per l’introduzione della nuova moneta nell’ordinamento nazionale, assumendo le iniziative necessarie per la determinazione del tasso di cambio al quale la nuova moneta subentrerà all’euro e la relativa data di decorrenza, e disponendo l’abrogazione delle norme incompatibili?”.
A leggere il quesito, l’alternativa presentata agli italiani in caso di vittoria del ‘Sì’, sarebbe quella del ritorno a una moneta nazionale, tramite un’uscita unilaterale. Tralasciando le questioni di legittimità costituzionale del referendum, c’è da rilevare che il M5s, rispetto a quanto depositato in Senato un anno fa, ha di nuovo cambiato idea.
Secondo quanto recentemente dichiarato da Luigi Di Maio a Ballarò, infatti, l’alternativa all’euro non sarebbe una moneta nazionale, ma “l’euro 2 o monete alternative”. Quella dell’euro a due velocità, un’ipotesi che ricorre a fasi alterne nel dibattito sulle disfunzioni dell’Eurozona, sarebbe una soluzione che, per sua natura, richiederebbe l’appoggio di più stati, presumibilmente mediterranei, e, anche in questo caso, non potrebbe essere deliberata tramite un semplice referendum sottoposto al popolo italiano. In altre parole: attraverso il referendum, qualora sia giuridicamente ammissibile, non si può creare nessun euro 2.
Insomma, in un momento in cui le risposte dovrebbero essere chiare, in un’Europa ferita dalla Brexit, il M5s non ha ancora maturato una linea coerente e praticabile sulla moneta unica.
Fonte: La Stampa