di Paolo Ceccherini
Dalla sostenibilità economica del sistema cultura, alla sostenibilità sociale e ambientale del sistema economico: due mondi in convergenza
Da una parte c’è la rivoluzione verde che coinvolge il sistema economico e finanziario, alle prese con una grande operazione di “rinverdimento”. In quest’ottica le imprese si impegnano più che mai a scrollarsi di dosso l’immagine dei comignoli fumanti e stanno procedendo su un sentiero di riordino dei propri business in chiave di sostenibilità ambientale e sociale. Dall’altra parte abbiamo il settore culturale e creativo, cronicamente a secco di finanziamenti e sistematicamente snobbato dai circuiti finanziari, ma ricco di idee e innovazioni. A favorire l’accostamento di questi due mondi arriva dall’Ue la Cultural and Creative Sectors (Ccs) Guarantee Facility e il Programma “Europa Creativa”, dedicato proprio al settore culturale e creativo. Il suo obiettivo è promuovere la diversità linguistica e culturale, rafforzare la competitività del comparto e promuovere una crescita economica “sostenibile e inclusiva”. A questo proposito tornano alla mente le parole del geologo nigeriano Prince Theodore Amanfo:
“La convivenza fra diversi, esige il faticoso impegno della ricerca di un’unità che va costantemente ridefinita, esige lo sforzo di un’armonizzazione creativa della realtà a partire dalla piena valorizzazione della diversità”.
Il programma ha un budget di tutto rispetto – 1,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 e 2,8 miliardi di euro per il 2021-2027 – e soprattutto un Fondo di garanzia, attivo da giugno 2016, che mira a rafforzare la capacità finanziaria e la “bancabilità” del settore, agendo in qualità di prestatore di garanzia per gli intermediari finanziari che investono in queste aziende.
Nel 2018 sono state 864 le operazioni del Fondo di garanzia, effettuate per un valore di circa 73 milioni e circa 50 milioni le garanzie rilasciate per il settore delle attività creative, artistiche, di intrattenimento, e per biblioteche, archivi e musei. I dati del primo semestre 2019 mostrano un forte incremento delle domande, raggiungendo quota 1.083, già oltre l’intero anno 2018, erano 864, per un totale finanziamenti di 88 milioni di euro e di garanzie rilasciate di circa 61 milioni.
Per accedere ai benefici le Pmi operanti nei settori culturali e creativi possono rivolgersi alla propria banca o al proprio Confidi, al fine di finanziare nuovi investimenti o per esigenze di capitale circolante. Sarà la banca o il Confidi a richiedere l’intervento del Fondo Pmi. L’esito viene fornito mediamente entro una settimana lavorativa.
In Italia, l’accordo tra il Fondo Europeo per gli Investimenti e la Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha l’obiettivo di erogare 300 milioni di euro di nuovi finanziamenti per circa 3.500 piccole e medie imprese italiane (Pmi) attive nei settori culturali e creativi.
Il valore dell’industria della cultura e della creatività
L’industria della cultura e creativa rappresenta circa il 4% del Pil europeo e funge da acceleratore di idee e innovazione. Le imprese che vi operano, tuttavia, hanno difficoltà ad accedere ai finanziamenti per diversi motivi, tra cui la natura immateriale delle loro attività, le dimensioni ridotte del mercato e l’incertezza della domanda. Tuttavia, i settori creativo-culturali rappresentano un ponte tra l’arte, il business e la tecnologia. Essi fungono da catalizzatore per l’innovazione e favoriscono la resilienza del sistema economico. Occorre considerare che il rapido emergere di nuove tecnologie e la crescente globalizzazione, hanno significato per l’Italia e per l’Europa una svolta profonda, caratterizzata in parte dall’abbandono di forme tradizionali di produzione industriale e dalla sostituzione di attività produttive riconducibili al settore dei servizi e dall’innovazione. Le fabbriche sono state progressivamente sostituite a comunità creative, la cui materia prima è la capacità; capacità di creare, di innovare e di immaginare.
In questa nuova economia digitale il valore immateriale determina sempre più il valore materiale, perché i consumatori cercano “esperienze” nuove e arricchenti. La capacità di creare esperienze e reti sociali è dunque sempre più un fattore di competitività.
Le industrie culturali e creative, soprattutto in Italia, sono una vera e propria miniera contenente un potenziale in gran parte inutilizzato di creazione di crescita e di occupazione. Per uscire da questa situazione, occorrono strumenti capaci di liberare queste forze e di diffondere questo tipo di cultura nelle comunità. Per molti la nostra futura prosperità dipenderà da come sapremo utilizzare le nostre conoscenze e i nostri talenti creativi per stimolare l’innovazione come acceleratore di sviluppo per la crescita.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia.