di Maurizio Quarta – Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors
e di Rita Santaniello – Partner di Rödl & Partner
Tra le priorità che l’attuale governo si è dato per la ripartenza della nostra economia, un ruolo prioritario gioca l’internazionalizzazione dell’intero sistema produttivo, alla luce delle grandi opportunità e dei significativi spazi di miglioramento offerti dal comparto estero. E’ sicuramente migliorabile quota dell’export sul PIL (di poco oltre il 30%), che sia pur elevata è ancora inferiore rispetto a quella di altre economie assimilabili alla nostra (es. Germania), così come molto circoscritto è il fenomeno dell’internazionalizzazione produttiva delle nostre imprese.
Tutto ciò comporta un incremento dei volumi di export, un aumento delle imprese esportatrici, trasformando in abituali quelle che sporadicamente esportano e/o hanno un buon potenziale, ma soprattutto una capacità di cogliere le opportunità legate alla crescita della domanda globale, con particolare riferimento a quella derivante da una classe media in crescita nei paesi emergenti e sempre più orientata verso modelli di consumo più vicini al modello di specializzazione produttiva dell’export italiano.
Provvedimenti legislativi atti a favorire l’export attraverso lo strumento del temporary management (TM) non sono un fatto nuovo: a livello locale si registrano iniziative di alcune Camere di Commercio, che prevedono l’affiancamento di un esperto in marketing internazionale, abbinato all’inserimento temporaneo in azienda di una risorsa junior che opererà a tempo pieno per il progetto. La selezione delle imprese viene fatta in base alle potenzialità dell’azienda (prodotto e organizzazione aziendale) e alla fattibilità del progetto di internazionalizzazione.
Il recente provvedimento nazionale prevede uno stanziamento complessivo di alcune decine di milioni di euro erogabili sotto forma di voucher in tranche da 10mila euro per singola impresa. Questo per diffondere fra le Pmi l’utilizzo del Temporary Export Manager incentivandone l’adozione per un periodo di sei mesi.
Il provvedimento del governo è senz’altro un segnale positivo anche nell’ottica di dare un segnale “psicologico” al sistema, pur se la dimensione quantitativa del voucher è alquanto limitata, con il rischio di ricadere nella filosofia del dare poco a tanti. Il rischio è quello di privilegiare operazioni spot mirate ad un export opportunistico e di brevissimo periodo, ponendo in secondo piano strategie di internazionalizzazione più a lungo termine, che è quello che spesso manca alle aziende italiane.
Personalmente, avrei considerato una formula più selettiva che attribuisse voucher molto più alti (es. 50.000 euro) a poche aziende capaci di presentare un piano di internazionalizzazione concreto e ragionato (ad esempio sulla falsariga del progetto della Camera di Commercio di Ravenna). Avrei inoltre esteso il discorso non al solo export, ma anche ad altre forme di presenza più diretta sui mercati esteri, ad esempio attribuendo il voucher anche a coloro che utilizzino temporary manager “locali” (quindi stranieri) nei paesi di loro interesse. Nell’ottica di una corretta ed equilibrata strategia di internazionalizzazione e non solo di export, si potrebbe ipotizzare l’abbinamento tra un temporary manager italiano presso la sede dell’azienda che impostare e implementi le strategie sui mercati internazionali, e dei temporary manager locali per la parte implementativa.
Il TM diviene reale strumento di cambiamento strutturale
Per chiarire il concetto, possiamo immaginare che l’efficacia della risposta di una impresa agli stimoli del mercato sia rappresentabile come una curva che cresce sempre più lentamente per poi appiattirsi: l’ impresa innovatrice è quella capace di “saltare” su una nuova curva ad un livello superiore: per farlo è necessario identificare ed introdurre in azienda un elemento avente la missione di traghettare l’ azienda sulla nuova curva, agendo da catalizzatore e stimolatore di tutti i processi afferenti le aree di interesse.
Possiamo in tal senso distinguere tra tre tipologie di impresa in relazione all’approccio internazionale praticato:
- quelle che operano alla vecchia maniera, nel caso specifico interpretando i mercati esteri come mercati di sbocco di tipo addizionale e nulla più (imprese esportatrici)
- quelle innovatrici che hanno già fatto il salto, e che, sempre nei termini dell’ esempio, considerano i mercati esteri come fonte di fattori produttivi e quindi come destinatari di investimenti diretti (imprese internazionalizzate)
- quelle che si trovano a metà del percorso, e sono tante, che, pur percependo il bisogno di cambiare (leggi: la necessità di modificare l’ approccio ai mercati esteri), non sanno come coniugare questo bisogno con i vincoli derivanti dal loro passato.
Si tratta soprattutto di imprese con fatturati tra 10 e 30 milioni, a proprietà per lo più familiare, con assetti organizzativi molto semplici e fortemente verticalizzati, modalità di gestione scarsamente manageriali e comunque orientate ad un forte controllo della proprietà sull’attività.
Il problema per le aziende che si trovano a fronteggiare simili situazioni diviene quello di immettere nuove capacità critiche che permettano loro di accelerare i tempi di passaggio alla fase della maturità e quindi di aumentare nel tempo l’efficacia della risposta agli stimoli del mercato saltando su una nuova curva.
Il TM può sicuramente rappresentare una soluzione ottimale, nel senso di identificazione di un punto di equilibrio tra l’esigenza di persone di elevato livello e il vincolo di non appesantire la struttura di costi fissi di lungo periodo. Senza dimenticare la rilevanza del trasferimento di competenze alla struttura aziendale, che nel caso delle PMI è una delle motivazioni più forti per avviare un progetto.
Se da un lato il Temporary Manager può sostenere le piccole e medie imprese nel processo di internazionalizzazione, attraverso l’identificazione di mercati profittevoli e potenziali partner locali, lo sviluppo di strategie di marketing e aziendali e la pianificazione delle operazioni necessarie a cogliere le opportunità che l’apertura ai mercati esteri e gli investimenti nell’internazionalizzazione possono procurare, ci sono sicuramente aspetti che possono rappresentare delle difficoltà anche per lo stesso TM.
Proprio per questo, parallelamente al Temporary Manager, o in alcuni casi alternativamente ad esso, le aziende hanno spesso la necessità di essere assistite da professionisti esperti nella consulenza legale e fiscale internazionale, che li possano sostenere nell’affrontare gli ostacoli più concreti dell’internazionalizzazione.
Le barriere all’internazionalizzazione delle pmi italiane spaziano dalle necessità più semplici, come la predisposizione di modelli contrattuali internazionali e in lingua straniera, a quelle più complesse, come la normativa sul lavoro, quella doganale e fiscale, sino agli aspetti regolatori ed amministrativi. Per questa ragione gli studi professionali con approccio multidisciplinare, oltre che con sedi in più paesi, sono i partner preferiti dalle aziende che abbiano intrapreso la via dell’apertura al mercato internazionale.
Spesso le piccole e medie imprese cominciano ad interessarsi ai mercati esteri attraverso lo strumento più semplice e alla portata di tutti, ossia la vendita online. Per questo motivo, in una fase iniziale, le stesse saranno interessate alla consulenza riguardante l’e-commerce, il proprio sito web ed il mondo digital. Già in questa fase l’expertise del TM potrebbe necessitare di supporto specialistico legale e fiscale.
Non va dimenticato, poi, che in molti casi l’internazionalizzazione passa attraverso la costituzione di joint-ventures o di partnerships con attori locali, che già conoscono il mercato nel quale si vuole entrare, ed in queste situazioni l’apporto di professionisti esperti in diritto societario internazionale diviene fondamentale per proteggere gli interessi della propria azienda, mentre al TM sarà affidato il compito di negoziare le condizioni più vantaggiose per il proprio cliente.
Nel caso in cui, poi, anche grazie all’attività del Temporary Manager, vi sia un forte sviluppo delle vendite nel nuovo mercato di sbocco, la piccola o media impresa italiana, potrebbe pensare di aprire una filiale o anche solo una succursale in quel paese, o di assumervi dei dipendenti, e in questi casi la conoscenza della normativa lavoristica locale è basilare per evitare costi eccessivi dovuti ad azioni avventate, basate, magari, sulla propria esperienza nazionale. Spesso, infatti, è proprio il campo del diritto del lavoro a rivelarsi quello più problematico, anche perché meno uniformato a standard internazionali, ed è proprio qui che uno studio legale internazionale con proprie sedi nei diversi mercati di riferimento può venire in aiuto dell’azienda per comprendere non solo la normativa, ma anche la cultura del lavoro locale.
Un altro aspetto, spesso poco considerato dalle piccole e medie imprese, ma che diviene di fondamentale importanza nel momento in cui queste si affacciano su nuovi mercati, è quello della tutela della proprietà intellettuale e dei propri marchi. Soprattutto in questi casi, una ricerca preventiva sui marchi registrati nel paese target, a fronte di un investimento di risorse limitate, potrebbe evitare alla società costi ingenti, in caso di conflitti insorti successivamente con attori locali. Non solo. Anche la normativa in merito ad etichettatura e confezioni è spesso sottovalutata e – se violata – può avere pesanti ricadute in termini sanzionatori.
In conclusione, le misure introdotte dal Governo sul Temporary Management sono sicuramente un passo avanti ed una nuova spinta all’internazionalizzazione per le piccole e medie imprese italiane, che tuttavia necessitano di essere accompagnate e sostenute anche con una consulenza multidisciplinare che, con approccio pragmatico, le aiuti a superare le barriere rappresentate dalla scarsa conoscenza del contesto giuridico e regolamentare straniero.
Per ulteriori approfondimenti: www.tmcadvisors.com e www.roedl.it