Si sono stretti la mano per la prima volta, al loro arrivo al G20 di Amburgo, il presidente americano Donald Trump e il russo Vladimir Putin. I due si incontreranno a margine del G20 di Amburgo nel primo pomeriggio del 7 luglio. Nonostante le parole di apprezzamento in passato l’uno per l’altro, gli argomenti di scontro fra i due sono però molti. Trump va verso il bilaterale in un contesto sfavorevole, dopo le accuse alla Russia di agire come forza destabilizzatrice determinata a mettere alla prova il potere dell’Occidente (vedi scandalo Russiagate).
I due Paesi sono su fronti opposti in Siria e non c’è accordo neanche sull’azione da intraprendere di fronte all’escalation di minacce della Corea del Nord, che questa settimana ha testato un missile intercontinentale in grado di raggiungere il territorio degli Stati Uniti. La Russia ha bloccato ieri una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza Onu che chiedeva misure significative contro la Corea dopo il lancio del missile.
Prima della riunione Trump ha detto, senza incolpare direttamente la Russia, che gli interessi occidentali sono stati messi alla prova da propaganda, reati finanziari e guerra cibernetica. Nel suo discorso di giovedì a Varsavia, Trump ha dichiarato anche che è urgente che la Russia metta fine alle sue attività destabilizzanti in Ucraina e altrove e al suo sostegno a regimi ostili come Siria e Iran.
Di fronte a un Senato e a un’opinione sui media sempre più anti russa dopo le accuse di interferenza russa nelle elezioni del 2016, Trump ha poche scelte se non quella di adottare una linea dura con Putin. Il presidente è intervenuto anche sulla Nato e ha detto che l’organizzazione interverrà in caso di aggressione della Russia agli Stati dell’Europa orientale, come la Polonia. Trump ha già incontrato Angela Merkel e i rapporti fra i due sembravano meno tesi rispetto alla visita fatta da Merkel a Washington tanto da consentire una stretta di mano.
La sfida di Trump a Putin
L’intento principale di Trump sarà quello di evitare che gli Stati Uniti rimangano troppo isolati, ma davanti a sé in Putin troverà un leader politico altrettanto diretto e generalmente poco propenso a scendere a compromessi. Se Trump non uscirà dal vis-a-vis con in tasca un qualche compromesso sarebbe difficile per lui giustificare in patria i motivi della sua – se non proprio apertura per lo meno – posizione morbida nei confronti della Russia.
Come racconta Paolo Mastrolilli su La Stampa, “il capo della Casa Bianca è stato quasi più severo con gli alleati europei che con Putin. Ha rimproverato alla Russia di destabilizzare l’Europa, a partire dall’Ucraina, e di coltivare cattive amicizie, come quelle con l’Iran e il regime di Assad. Ha riconosciuto che il Cremlino ha cercato di influenzare le presidenziali dell’anno scorso, ma non l’ha fatto da solo: «Non sappiamo ancora tutta la verità». E visto che lui quelle elezioni le ha vinte, e ora è sotto inchiesta per le presunte connessioni tra la sua campagna e Mosca, ha colto l’occasione anche per criticare Obama perché «sapeva degli attacchi russi ma non ha fatto nulla, pensando così di aiutare Hillary»”.
I due grandi fronti caldi in geopolitica sono la Siria e la Corea del Nord. Trump cercherà probabilmente di ottenere che la Russia collabori sulla gestione della guerra per procura in Siria, ad esempio accettando di gestire congiuntamente una no fly zone per completare la sconfitta dell’Isis – il nemico comune – e dare il via a un processo di pacificazione di una delle polveriere più esplosive del Medioriente.
È difficile però che Putin accetti di scaricare Bashar al-Assad e l’Iran nel nome di una stabilità globale che avvantaggerebbe l’Occidente. Trump potrebbe ottenere qualcosa di più sul versante della minaccia nordcoreana. Putin e il presidente della Cina Xi Jinping accettassero di isolare il regime della Corea del Nord, si arriverebbe a una soluzione della crisi scongiurando un intervento militare che rischia di avere conseguenze nefaste per tutti.