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Unicredit, 350 filiali in meno entro 2015. Su Rcs Ghizzoni piano di difficile esecuzione

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Roma (WSI) – La parola d’ordine è una sola: razionalizzare. Unicredit chiuderà 350 filiali entro il 2015, circa il 10% del totale, ma già in 110 abbasseranno la saracinesca quest’anno. “E’ un aumento rispetto alle 150 previste nel piano industriale e che abbiamo già completato l’anno scorso”, ha ammesso l’ad del gruppo, Federico Ghizzoni. Poi ha precisato che non ci saranno impatti ulteriori a livello occupazionale. Ma una cosa è certa.

La crisi morde ed erode ulteriormente i fondamentali del sistema bancario italiano. Un sistema che tra l’altro ha difficoltà a erogare prestiti ai cittadini italiani.

Quando questa operazione sarà a regime, il risparmio sul real estate dovrebbe ammontare sui ”45 milioni di euro l’anno”. L’obiettivo è quello di trasformare le filiali ”in negozi finanziari” ha sottolineato Ghizzoni, cioè che non fanno ”solo cassa” ma che offrono anche ”servizi di consulenza”.

Unicredit cerca in questo modo di rispondere alla crisi e di cambiare pelle perché come spiegato ancora dal manager è cambiato il modo di fare banca e i risparmi ”verranno reinvestiti nella banca multicanale”. Il banchiere ha, infatti, ricordato che ormai il 75% delle transazioni avviene al di fuori delle filiali.

“Dal 2009 abbiamo chiuso 800 filiali in Italia senza perdere quote di mercato e questo conferma che per gestire i clienti serve più di un canale”. Quanto al capitolo dividendo Ghizzoni non si è pronunciato. L’argomento verrà discusso nel corso del cda in agenda il prossimo 15 marzo. Intanto la banca si si concentra sulla controllata Pekao, Unicredit Bank Ucraine con l’obiettivo di fonderla con Ukrsotsbank, altro istituto del gruppo nel Paese. Lo scopo è quello di avere un unico istituto.

Mentre sul piano di ristrutturazione Rcs voluto dall’ad Pietro Scott Jovane, Ghizzoni ha detto di non averlo visto nel dettaglio, ma che da profano gli sembra “un piano con un rischio di esecuzione piuttosto alto”.

Il numero uno di Unicredit ha quindi precisato di parlare come creditore del gruppo del Corriere della Sera: il piano prevede 800 esuberi, la chiusura o vendita di dieci testate periodiche, e la cessione della sede di via Solferino. Quindi, a suo avviso “è da valutare con la massima attenzione. Siccome – ha ricordato – tutti quanti siamo passati attraverso periodi di ristrutturazione, si può dire che vendere asset oggi non è un compito facile”.