Economia

UniCredit: acquisendo Mps, clienti e filiali vicini ai livelli di Intesa

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Oltre 3mila filiali, 3.647 per l’esattezza, un numero simile  a quello che aveva nel 2015 e anche quasi 4 milioni di clienti in più, livello vicino a quello di Intesa Sanpaolo, il primo grande gruppo bancario italiano che con l’assorbimento di Ubi Banca aveva circa 14,7 milioni di clienti: questo il bottino che riceverebbe UniCredit acquisendo il Monte dei Paschi.

Le proiezioni di MPS-Unicredit verso Intesa

I numeri sono quelli che ha snocciolato un’indagine di Excellence Consulting sulla base dei bilanci a disposizione nel 2015 e nel 2020. Ovviamente sono numeri da prendere con le pinze ma che in ogni caso fotografano la realtà che potrebbe venirsi a formare con l’operazione di acquisizione da parte della banca di Piazza Gae Aulenti del Monte senese, permettendo così alla prima di crescere su tutto il territorio nazionale dopo anni di magra imposti dall’ex AD Jean Pierre Mustier che ha imposto una manovra lacrime e sangue per UniCredit con la riduzione, tra il 2015 e il 2020 , di filiali che da 3.729 sono scese a 2.229, mantenendo però integra la massa dei clienti, anzi accrescendola un po’ da 7,49 a 7,53 milioni.

«Ma la crescita per acquisizioni – commenta Maurizio Primanni, amministratore delegato di Excellence Consulting – si è dimostrata in realtà l’unico modo per le banche per diventare decisamente più grandi. I dati sono lì a dimostrarlo: con Ubi e le due banche venete, Intesa ha accresciuto i clienti da 11,1 a 14,7 milioni di unità; Crédit Agricole è passata da 3,5 a 4,6 milioni grazie a diverse progressive acquisizioni; con l’acquisizione di 486 sportelli e 134 punti operativi ex Ubi da Intesa, Bper passerà nel 2021 da 2,7 milioni a circa 4,1 milioni di clienti».

UniCredit, dice l’indagine di Excellence Consulting, ha perso ricavi per cliente – come  tutte le altre banche per la verità – ma ha tuttavia mantenuto un ottimo posizionamento a quota 1.065 euro l’anno, al secondo posto dopo la regine Intesa, che alla stessa data presenta 1.255 euro per cliente.

Guardando nel dettaglio il grafico di Excellence, emerge che dal 2015 al 2020 i ricavi complessivi degli istituti presi in considerazione si sono ridotti da 45,2 a 40,7 miliardi, con un meno 2% medio annuo. Alcune banche come Intesa, Crédit Agricole e Bper hanno invece messo a segno una crescita dei ricavi, anche se, sottolinea Primanni, sono anche istituti che hanno realizzato processi di acquisizione di altre banche.

L’ indicatore di produttività commerciale – ovvero i “ricavi per cliente” – dimostra che tutte le banche hanno vissuto tra il 2015 e il 2020 un deciso peggioramento e questo è dovuto alla forte pressione sui prezzi dei prodotti bancari e finanziari dovuta alla concorrenza sempre più pressante.

Tre le banche capaci di resistere meglio ai venti della concorrenza: Credem, che ha perso il 2 per cento all’anno di ricavi per cliente; la francese Crédit Agricole con un meno 3% medio annuo e infine Intesa Sanpaolo con un meno 3,7%. A perdere più di tutti UniCredit con il 5,2% medio annuo ma con la fusione con il Monte dei Paschi di Siena risalirebbe, dice ancora l’indagine di Excellence Consulting, al 4,8% medio annuo.

Per quanto concerne l’indicatore “ricavi per filiale”, tutte le banche hanno fatto progressi ma il motivo è da ricercarsi nel fatto che, chiudendo filiali e trasferendo clienti da uno sportello all’altro, i ricavi si spalmano su un numero inferiore di strutture territoriali.

Fusione Mps-Unicredit: d-day il 27 ottobre

Nella trattativa su MPS tra Unicredit e Mef, il d-day sarà il 27 ottobre. È questa la data in cui, secondo quanto riporta il Sole 24 Ore, potrebbe arrivare l’esito dei negoziati. Una data che coincide con l’approvazione dei conti del terzo trimestre dell’istituto di Piazza Gae Aulenti.

Secondo quanto riportato dal quotidiano economico, dai tavoli di negoziazione sarebbe trapelato “lo schema di massima dell’operazione” esisterebbe già, e che il ceo di Unicredit, Andrea Orcel, “ha posto condizioni ben precise che riguardano il perimetro delle attività da rilevare (con esclusione degli sportelli nelle aree di sovrapposizione) e il trasferimento allo Stato del contenzioso legale e dei crediti deteriorati e in via di deterioramento”.

Ora la palla passa al governo. Le prossime ore saranno infatti decisive per capire se le richieste di Unicredit sono accettabili. L’istituto bancario milanese, nel frattempo, si aspetta la risposta definitiva entro fine ottobre. In tempo per adattare il nuovo piano industriale.