Unicredit e Mps rimangono osservate speciali dei mercati, dopo i risultati sugli stress test. Mentre il Financial Times affronta il dossier Unicredit, riprendendo l’interesse della compagnia assicurativa polacca Pzu, per la quota del 40,1% che Unicredit detiene in Banca Pekao, Mps sfida il sentiment negativo di Piazza Affari resistendo alle vendite. Motivo: gli investitori scommettono sull’opzione della conversione di bond per 3 miliardi di euro che potrebbe ridurre l’ammontare dell’aumento di capitale necessario, come riportato inizialmente da Il Sole 24 Ore.
Attesa per la riunione del cda a Siena e anche per il piano che si prevede arriverà verso la fine del mese di settembre. Mps anche starebbe lavorando nel tentativo di ridurre l’ammontare dell’aumento di capitale, che dovrebbe essere di circa 5 miliardi di euro. A tal fine, starebbe valutando l’opzione di offrire agli investitori istituzionali la conversione volontaria di obbligazioni subordinate in azioni.
Da segnalare che i bond subordinati si trovano sia nel portafoglio degli istituzionali (per un valore di ter miliardi), sia in quello degli investitori retail.
Scrive Milano Finanza:
“La proposta dovrà naturalmente passare sul tavolo della Bce per essere approvata intorno alla metà del prossimo mese, mentre l’ok al piano industriale è atteso il 26/27 settembre. La conversione dovrebbe procedere in parallelo all’operazione di aumento di capitale fino a 5 miliardi di euro da realizzare a novembre, ma l’obiettivo sarebbe quello di ridurre l’entità della ricapitalizzazione, considerato l’elevato rischio di esecuzione dell’operazione. “Crediamo che questo piano avrebbe il vantaggio di limitare l’ammontare dell’aumento di capitale da eseguire sul mercato, incrementando la fattibilità del piano nel suo complesso”, sottolineano gli analisti di Banca Imi (rating hold e target price in revisione su Mps ), “inoltre ridurrebbe il rischio di un impatto negativo sui clienti retail che potrebbe minare il valore della rete di Mps “.
Ancora, riporta Milano Finanza:
“L’operazione, concordano gli analisti di Banca Akros, contribuirebbe a ridurre le dimensioni dell’aumento di capitale che è pari a 7 volte l’attuale capitalizzazione di mercato di Mps e che sarà lanciato in un periodo difficile dato il referendum in Italia sulla riforma costituzionale. “Ma dato che la conversione dei bond subordinati istituzionali in azioni è su base volontaria, è difficile valutare quanti investitori aderiranno e, di conseguenza, la potenziale riduzione dell’ammontare dell’aumento di capitale previsto. Il nostro rating su Mps resta sospeso”, precisano gli analisti di Banca Akros.Anche secondo gli esperti di Equita la conversione dei bond subordinati istituzionali in azioni ha un grande pregio perché, appunto, riduce la dimensione dell’aumento di capitale, ma ha anche dei punti deboli perché, per avere successo, si dovrebbe presentare al bond holder o uno scenario molto favorevole in caso di conversione o uno scenario molto negativo in caso di mancata conversione (o un mix dei due). Però nel primo caso chi sottoscrive l’aumento di capitale sarebbe svantaggiato, ad esempio perché il bond holder si vedrebbe assegnate azioni in base al valore nominale del bond, che invece tratta sotto la pari, mentre nel secondo caso c’è il rischio di creare un effetto contagio sui bond subordinati delle altre banche italiane deboli.”In sostanza la conversione volontaria dei subordinati istituzionali andrebbe analizzata nei dettagli perché rappresenta un’opzione non priva di rischi”, sostengono gli analisti di Equita. “Sullo sfondo secondo noi rimane la possibilità, come estrema ratio, che il governo decida di proporre la ricapitalizzazione pubblica straordinaria come previsto dall’art.18 del decreto che recepisce la Brrd, la normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie”, concludono gli analisti della sim che sul titolo Mps mantengono il rating hold e il target price a 0,34 euro”.
Tornando a Unicredit alcune fonti citate dal Financial Times, sottolinea come un nodo sull’affare per la cessione di Pekao a Pzu sarebbe rappresentato dalla questione del prezzo.
L’affare, importante per Unicredit per raccogliere risorse in un contesto nel quale si prospetta la necessità di un aumento di capitale fino a 9 miliardi, sembra che al momento si sia assestato infatti su una divergenza sulle cifre: mentre Pzu non intende pagare oltre 3 miliardi, Unicredit si aspetta un’offerta minima di 3,5 miliardi di euro. Al momento la quota in questione dell’istituto polacco, il secondo del Paese, è valutata dal mercato 3,1 miliardi.
Divenuto ad con l’impegno di procedere a un consolidamento patrimoniale che può includere una serie di dismissioni, Jean-Pierre Mustier, riferiscono alcuni banchieri al Ft, è intenzionato a rafforzare i coefficienti patrimoniali di Unicredit prima dell’appuntamento del referendum costituzionale di novembre: infatti le incertezze ad esso legate potrebbero nuovamente impattare i titoli bancari italiani, in particolare quelli considerati “a rischio”. Alla fine di giugno il capital ratio di Unicredit navigava a quota 10,33%, in calo dal 10,5% di marzo.
Riguardo alle possibilità effettive di una cessione di Banca Pekao sembra che ci sia ottimismo, stando alle voci interne che sono trapelate. La volontà politica del governo Varsavia, del resto, è quella di riportare a casa parte del settore bancario finito in mano straniera: infatti Pzu è pubblica per 35% del capitale.