ROMA (WSI) – Non si mettono bene le cose per una delle due più grandi banche italiane, Unicredit. A dirlo i numeri: nell’ultimo anno le quotazioni dell’istituto di credito ha perso quasi il 52% del suo valore – Intesa Sanpaolo il 26% – e oggi sono stati pubblicati dati che hanno evidenziato un calo del 20% degli utili nei primi tre mesi del 2016.
I profitti sono stati tuttavia migliori del previsto.
L’utile netto si è infatti attestato a 406 milioni di euro, in calo del 20,8% rispetto a primo trimestre 2015, ma sopra il consensus degli analisti che era fermo a 379 milioni. Escluse le componenti non ricorrrenti legate agli oneri di ristrutturazione in Austria e Italia, l’utile ha superato i 640 milioni di euro. I ricavi totali si sono attestati a 5,476 miliardi, in calo del 4,7% rispetto a un anno prima (-2% sul trimestre precedente e +0,7% escludendo le voci non ricorrenti).
Altri dati positivi:
- gli utili di 406 milioni di euro hanno segnato un balzo, su base trimestrale, +165%.
- Il rapporto sofferenze nette/crediti totali netti del primo trimestre è stato del 4,2% (contro il 4,3% di Intesa)
- La crescita dei depositi commerciali è stata di 6 miliardi nel primo trimestre, soprattutto in Italia
Detto questo, a dimostrazione del clima di incertezza sul futuro della seconda banca d’Italia per capitalizzazione e prima per giro d’affari, le stime della vigilia erano estremamente variabili. Si andava dalla previsione ottimistica secondo cui la banca avrebbe registrato un utile trimestrale di 756milioni di euro a quella invece che si fermava a 202 milioni. Numeri che in ogni caso non sono all’altezza della rivale Intesa Sanpaolo, che nel primo trimestre dell’anno è arrivata a quota 806 milioni di utili e a Piazza Affari vale due volte la stessa Unicredit, 37 miliardi contro 19.
Il Ceo Federico Ghizzoni parla di numeri buoni per un istituto di credito la cui “dimensione europea continua a rappresentare un punto di forza in grado di dare stabilità alla propria crescita”. Ora il mercato si aspetta che l’AD spieghi che l’operazione con la Popolare di Vicenza non è stato un rischio, che rassicuri la Borsa sul fatto che il gruppo non ha alcuna necessità di chiedere nuovi fondi agli azionisti e che metta a tacere una voce insistente sull’uscita di alcuni soci, poco concordi con le scelte di gestione dello stesso Ghizzoni.
“La realizzazione del piano strategico procede al ritmo previsto: sono già tangibili sia i risultati legati alla riduzione dei costi, sia quelli collegati alla trasformazione digitale della banca”, ha dichiarato Ghizzoni, nel commentare i risultati fiscali.
La banca desta preoccupazioni in tutto il mondo e non solo in Italia. Il Financial Times ha dedicato a Unicredit un articolo che mette in luce la situazione critica del gruppo.
“UniCredit ha bisogno di più capitale e non può farlo con l’attuale gestione in quanto ha perso la fiducia del mercato” , ha detto uno degli azionisti ma UniCredit ha rifiutato di commentare. Una persona vicina a Ghizzoni ha detto il banchiere era “sereno e razionale” (…) Ghizzoni ha sempre sostenuto che UniCredit non richiederà ulteriori capitali. Marta Bastoni analista di Barclays ha però reso noto che UniCredit richiederà fino a 7 miliardi di capitale aggiuntivo”.
E lo stesso Financial Times fa anche i nomi di possibili successori di Ghizzoni.
“ Tra i potenziali successori di Ghizzoni spunta quello di Andrea Orcel, capo dell’investment banking UBS, António Horta – Osório, amministratore delegato di Lloyds Bank e di altri alti banchieri italiani (…) molti banchieri di alto livello hanno detto il successore di Ghizzoni avrebbe dovuto essere un italiano, in grado di navigare il complesso di governo e le pressioni politiche presso la banca”.
Ma a tal proposito Ghizzoni afferma di non essere affatto preoccupato per gli indici di capitale della banca.
“Non siamo preoccupati”, precisando: “Abbiamo varie opzioni per far crescere il capitale”.