Conciliare la cessione di decine di miliardi di euro di crediti in sofferenza e il rispetto dei requisiti patrimoniali: questi due imperativi per Unicredit difficilmente non includeranno una serie di dismissioni che, assieme al futuro aumento di capitale, completeranno il risanamento necessario per l’istituto. Gli ultimi dettagli di questa tabella di marcia provengono da una serie di fonti raggiunte dal Financial Times, che rivelano come Unicredit stia pensando di vendere integralmente Pioneer Investments, il cui valore secondo la banca si aggira intorno ai 3 miliardi di euro. Non solo: l’istituto bancario italiano sarebbe intenzionato a scorporare Npl per diverse decine di miliardi di euro in un nuovo veicolo di cartolarizzazione (una società di progetto), attraverso il quale emettere i titoli aventi gli Npl come sottostante con la possibilità di accedere (per le tranche per le quali ciò è possibile) la Gacs pubblica, ossia la garanzia statale sul titolo.
Per quanto riguarda il capitolo Pioneer, la cui cessione dovrebbe affiancarsi alla vendita di una quota della Banca Pekao ai polacchi di Pzu, “le autorità di regolamentazione italiane non vedevano di buon occhio l’idea che Pioneer, titolare di una quota significativa di debito sovrano italiano, fosse ceduto a un acquirente estero”, scrive il Ft. In effetti ieri si era parlato di un possibile interessamento da parte di un attore italiano, Poste, per l’acquisizione di una porzione di Pioneer: una cessione del 70%, hanno scritto gli analisti di Equita, avrebbe un impatto positivo sul Cet1 di 30 punti base.
Proprio quel Cet1, indicatore della solidità patrimoniale della banca, che rischia di finire sotto la soglia prescritta della Bce in seguito alla vendita dei Npl, riferiscono le fonti al Ft: il fatidico coefficiente, al termine delle dismissioni, dovrebbe ritrovarsi all’8,7%. Per questo, prefigura il quotidiano britannico, innanzi a Unicredit si prospetta un aumento di capitale fino a 10 miliardi di euro.